Il cibo come droga: sono dimostrate sia l’assuefazione che la dipendenza
di Stefano Tasca e Alessandro Tasca
Parleremo qui in generale dei meccanismi di assuefazione, dipendenza da cibo e astinenza che possono, tuttavia, insorgere già molto precocemente, a partire dall’epoca dello svezzamento del bambino.
Prendiamo spunto dalla relazione effettuata dal Dr. Alessandro Tasca, presso l’Università Campus Biomedico di Roma (“Caratterizzazione del circuito dopaminergico nel controllo dell’assunzione e nella ricompensa del cibo: implicazioni nell’obesità”), per avvalorare con elementi di tipo scientifico, alcuni importanti aspetti riguardanti l’alimentazione in generale, e quella infantile, in particolare.
Il carattere divulgativo di questo scritto, impedisce di scendere in particolari che renderebbero meno comprensibile e più noiosa la lettura ma, nondimeno, tenteremo di rendere ragione, semplificando molto, dei meccanismi che sono alla base della dipendenza da cibo che inizia già molto precocemente, a partire dall’epoca dello svezzamento.
È importante conoscere le dinamiche cerebrali che sono alla base della dipendenza, per prenderne coscienza e cercare di evitarne i danni, specie per ciò che attiene ai risvolti negativi che in età pediatrica iniziano a manifestarsi e che nell’età adulta provocano veri e propri disastri (obesità, dislipidemie, diabete, infarto, ictus, ipertensione arteriosa).
La fame è una forma di sindrome da astinenza. A ben pensarci, il fatto di avere fame (quindi uno stimolo alla ricerca di cibo gradevole e calorico) è una forma di dipendenza da cibo fisiologica, che ci impedisce di morire. Lo stimolo fisiologico, però, una volta soddisfatto con l’assunzione di cibo adeguato, spegne l’urgenza della ricerca, fino a che non ritorna di nuovo lo stimolo della fame, per fenomeni legati al movimento di metaboliti e di ormoni secreti a seguito del calo, ad esempio, degli zuccheri o dei grassi nel sangue.
In periodi di carestia, inoltre, i meccanismi garantiscono non solo l’impulso a ricercare cibo tout court, ma (e questo è illuminante) a scegliere quello più calorico (ricco in grassi e zuccheri) e quindi adatto, oltre che a saziare, a creare scorte sotto forma di adipe e di glicogeno epatico. Risulta abbastanza semplice comprendere come vi sia, quindi, una predisposizione neuro-ormonale a monte, che spinge a preferire questi alimenti, il cui alto contenuto in nutrienti, coincide quasi sempre con una maggior gradevolezza al palato.
I centri nervosi che sono preposti alla fame ed alla sazietà (nuclei della base e più in generale nuclei talamo/ipotalamici) funzionano usando un neurotrasmettitore, denominato dopamina, i cui recettori sono situati nelle porzioni profonde del cervello. Questi centri nervosi sono gli stessi su cui agiscono – e questo è cruciale – alcuni farmaci psicoattivi (cocaina, cannabinoidi, nicotina, amfetamine, ecc.).
Gli ormoni che sono attivi nel regolare la sensazione di fame e sazietà, vengono invece prodotti a livello dell’intestino (ghrelina, orexina, ecc.), del tessuto adiposo (leptina, ecc.), del pancreas (insulina). La leptina inibisce il senso di fame e di ricerca del cibo, l’orexina e la ghrelina lo incrementano, l’insulina lo deprime.
La sensazione di fame (astinenza fisiologica da cibo) si innesca prima che si verifichino sintomi (tremori, capogiri, sudorazione fredda, in casi estremi perdita di coscienza) in modo da sfruttare l’energia residua per rendere efficiente la ricerca di cibo.
In un mondo come quello di oggi, però, avviene qualcosa che in natura non è normale e che altera i meccanismi alla base della fisiologica ricerca di alimento: la reperibilità di cibi gratificanti è semplice, non richiede sforzo e soprattutto da un’ampia possibilità di scelta. Questo significa una cosa fondamentale: il cibo viene ricercato non per soddisfare una necessità metabolica, ma per ottenere una gratificazione. Questo, in termini pratici, si traduce in una alterazione del comportamento alimentare.
All’inizio di questo articolo dicevamo che il senso di fame, una volta soddisfatto, interrompe l’istinto di ricerca di alimenti fino alla prossima occasione: ebbene, la facile reperibilità di alimenti sapidi e grassi, ha stravolto la situazione. In termini semplici, non si ricerca più il cibo in quanto necessario al mantenimento del benessere fisico, ma lo si ricerca per l’attivazione di un fenomeno di dipendenza mediato dalla dopamina. Non si ha più bisogno di mangiare sostanze ipercaloriche perché necessario, ma se ne ha bisogno perché l’astinenza può determinare facilmente sintomi sia fisici che psicologici (ricerca di gratificazione dopamino-dipendente).
Alcuni alimenti più di altri hanno la tendenza ad innescare dipendenza e quindi astinenza. In particolare, gli zuccheri, i grassi e le spezie/salse (alimenti sapidi sia per il contenuto salino sia per lo stimolo esercitato sulle papille gustative). L’astinenza da zuccheri, determina tremori, sudorazione; quella da grassi induce ansia.
In sostanza, in caso di dipendenza da cibo “palatabile” (molto saporito, dolce o grasso), i meccanismi di ricerca dell’alimento sono alterati, sconvolti. Non si ricerca più del cibo, ma ‘solo’ quel particolare tipo di cibo.
I risvolti, sono di importanza cruciale. In una società come l’attuale (mi riferisco ai paesi cosiddetti “ricchi”), dove la reperibilità di alimenti di quel genere (cibo spazzatura) è semplice ed ubiquitaria, il fenomeno genera ovviamente l’obesità e la dipendenza. Non si tratta più, infatti, di soddisfare emergenze alimentari in momenti di carenza: si mangia quello e solo quello, ed ogni alimento che non contenga quelle sostanze così gratificanti viene evitato, anche se indubbiamente più sano. Chi è assuefatto a quel tipo di cibo, non riesce semplicemente più a mangiare altro, perché lo trova disgustoso, insipido e poco stimolante, a livello dei circuiti cerebrali di ricompensa.
Le industrie produttrici di alimenti “pronti” e “precotti” e le catene di “take away” (oltre che una buona quantità di produttori di cibi cosiddetti “per l’infanzia”) sfruttano ovviamente questo meccanismo per incrementare le vendite: aggiungono grassi, zuccheri, spezie e salse, additivi chimici, poiché chi si abitua a mangiare questi cibi, semplicemente non vuole più altro e anzi… tende ad assumerne sempre di più.
Attenzione dunque, già nella fase di svezzamento, è importante usare sempre cibi freschi, preparati in casa, evitando dolci e grassi in eccesso, e quando i bambini sono più grandicell, evitare di ricompensarli con cibi sbagliati, tipo caramelle, dolcetti, merendine industriali, ecc. L’assuefazione e la dipendenza iniziano, infatti, da bambini! Occorre sempre essere consapevoli di quanto dannose siano certe abitudini e di quanto sia poi difficile uscire dai problemi che queste abitudini determinano nel tempo.
Articolo di Stefano Tasca e Alessandro Tasca
Fonte: http://www.informasalus.it/it/fonti/blog-stefano-tasca.php
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