di Ti degli Arcangeli
Oggi parliamo di morte e di certo qualcuno, leggendo, toccherà qualcosa… perché la morte ci spaventa e fa parte delle esperienze che la persona cerca di allontanare dal suo spazio vitale.
In realtà, senza l’accoglienza della Morte, non può esserci neppure la Vita. Basta osservare la Natura, la nostra grande Maestra Divina.
Transi_(a)zione, è solo quando “passi” oltre. Ho sempre ammirato le culture dove il momento della partenza di un’Anima per altri spazi, viene accolta e festeggiata, proprio come si è soliti fare per una nascita, perché in realtà si tratta di una nascita.
So che il lavoro fatto per creare questa sorta di ripudio è lontano nel tempo ed è avvenuto con dovizia certosina e con risultati sorprendenti, visto i comportamenti che ne sono nati. Tutto punta a farci rifiutare e temere la morte, considerata come la nemica numero 1 della Vita, e quindi, come un ostacolo senza pari…
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Dott.ssa Carla Sale Musio
Morte e immortalità sono argomenti che spaventano. Non se ne parla volentieri.
Riteniamo che la morte sia un evento che tutti, prima o poi, dobbiamo affrontare, ma viviamo cercando di non pensarci. Come se non ci riguardasse davvero.
Riflettere sulla morte, di solito ci trova scissi in due differenti impostazioni di pensiero. Da una parte ci sono i dogmi religiosi, che offrono un’interpretazione strutturata e immodificabile dove incasellare le nostre convinzioni. Dall’altra c’è la scienza, che getta via tutto quello che non si può misurare e, non riuscendo ad avere risposte soddisfacenti, se ne disinteressa.
Il cuore e le emozioni, messi sotto pressione al pensiero del trapasso, faticano a trovare posto in questa rigida dicotomia. Così, in una zona franca di sé stesso, ognuno di noi coltiva le sue teorie personali e gestisce come può l’incoerenza che esiste tra religione, scienza e vita vissuta…
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di Alida Mazzaro
La vita è ricca di episodi importanti.
A volte ricordiamo esperienze come il primo matrimonio, il secondo, la partenza per un viaggio, l’inizio di un lavoro, la fine di un’amicizia, di un amore, di un corpo… Ferite che poi si rimarginano, lasciando cicatrici a volte profonde e a volte appena dipinte nella nostra coscienza.
Tutte le volte che medito sulla mia vita, soprattutto in questo periodo in cui mai come ora la morte non è amica ma nemica, mi si presenta il ricordo di una esperienza che ha cambiato la mia vita. È conosciuta come NDE (Near Death Experience, esperienza di pre-morte). La condivido.
Ero in viaggio da Bologna verso Trieste. Viaggio in automobile ed in autostrada. Poiché ero molto stanca, non guidavo io e avevo dato il volante della mia macchina alla mia compagna di viaggio…
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Tratto da “Messaggi dall’Aldilà” di Sylvia Browne
L’Aldilà è il luogo da cui proviene il nostro spirito quando entriamo nel ventre materno nell’attesa di nascere e in cui ritorna quando moriamo. È il cielo, il paradiso di gran lunga più meraviglioso di quanto la nostra mente terrena possa concepire.
Di solito ce lo rappresentiamo come qualcosa “là fuori da qualche parte”, sopra le nubi, al di là della Luna e delle stelle, oltre Oz e l’Isola Che Non C’è, e ciò è comprensibile, dato che questo luogo è infinito e misterioso proprio quanto immaginiamo che sia.
Ma la verità è molto più affascinante e confortante: l’Aldilà è proprio qui, tra noi, un’altra dimensione sovrapposta al nostro mondo. La sua frequenza vibrazionale è molto più alta della nostra, ed è questo il motivo per cui non riusciamo a percepirlo…
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di Stefania Del Principe
Robert Lanza: “La morte è solo il frutto del nostro pensiero…”
Qualcuno di noi, si dice, “nasce con la camicia”. Sembra che tutte le fortune arrivino a loro, mentre altri devono soffrire dalla nascita fino alla morte. Non stiamo parlando, quindi, solo di differenze sociali ma anche di disuguaglianze naturali che si verificano fin dal primo istante di vita. Va da sé, che qualsiasi persona dotata di buon senso si porrebbe questa domanda: “se esiste un Dio perché con qualcuno è bravo e con altri no?”
Indubbiamente le filosofie orientali possono rispondere alla domanda con una semplice parola: “karma”. Ma questo presuppone che ci siano diverse vite e non solo una. E, infatti, anche secondo alcuni scienziati ci sarebbe la prova che le nostre vite non finirebbero mai, semplicemente perché la morte non esiste…
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Prof. Vittorio Marchi
La morte è il più clamoroso equivoco della storia umana. Inconsciamente non possiamo sopportare di morire, in quanto sappiamo che non è possibile farlo.
Dai più eminenti uomini di scienza dell’ultimo secolo, scopriamo che l’Universo è tutto Pensiero e che la Realtà esiste solo in ciò che pensiamo. L’energia, è quella manifestazione che fa accadere le cose e gli eventi. Essendo di carattere vibrazionale, essa si manifesta in una incommensurabile vastità di forme e di aspetti. Dietro tutte queste apparenze si cela una realtà legata ad un campo di frequenze comprese in bande, ciascuna delle quali ha uno sbocco nel panorama delle cose materiali che noi vediamo.
Sofisticate tecnologie dimostrano che l’uomo non muore, quando sembra separarsi dalla sua carica energetica che lo vivifica, perché ciò che si stacca dal soma, migra e fluisce verso altre locazioni. Il nostro apparato sensoriale è limitato e quindi inadeguato a permetterci di percepire la realtà al suo livello più profondo. Occorre comprendere che l’anima che sta per trapassare non è il corpo, bensì la vita stessa e che la sua natura non è materica ma spirituale e che al contrario del suo corpo psico-fisico non conosce mutamento, né decadimento…
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di Italia Rizzo
Carissimi amici, oggi voglio condividere con voi alcune riflessioni sulla paura della morte.
Tanti anni fa, quando stavo molto male e mi sentivo vicino alla morte, chiesi al mio amico Angelo Franchina, meraviglioso medico olistico: “E se sento che sto morendo, cosa faccio?” Egli mi rispose: “Niente, muori!”.
In un attimo mi si schiuse un mondo interiore, un mondo che forse era collegato al ricordo di innumerevoli morti nel piano fisico e che mi tranquillizzavano, in quanto mi ricordavano che io non ero mai morta, e mai sarei morta. Avrei cambiato un’altra volta l’abito fisico, questo “scafandro” che abbiamo in equipaggio per scendere in terza dimensione, ma io avrei sempre vissuto… come da sempre succedeva…
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di Samael Aun Weor
È urgente comprendere a fondo ciò che realmente è la Morte in sé stessa. Solo così è possibile capire veramente in modo integro ciò che è l’Immortalità.
Vedere il corpo umano di un essere amato messo nella bara, non significa aver compreso il “Mistero della Morte”. La Verità è il non conosciuto di momento in momento. La Verità sulla morte non può essere un’eccezione.
L’Io vuole sempre, com’è naturale, una sicurezza dopo la morte, una garanzia supplementare, qualche autorità che s’incarichi di assicurargli una buona posizione o qualche tipo d’immortalità più in là del terrificante sepolcro. Il “Me Stesso” non ha molta voglia di morire, vuole continuare, ha molta paura della Morte.
La Verità non è questione di credere né di dubitare. La Verità non ha niente a che vedere con la credulità, né con lo scetticismo. La Verità non è questione d’idee, teorie, opinioni, concetti, preconcetti, supposizioni, pregiudizi, affermazioni, negoziazioni, ecc. La Verità sul Mistero della Morte non è un’eccezione…
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Abbiamo tanta paura della morte perché, con essa, siamo convinti di scomparire.
Cresciamo identificandoci progressivamente con il corpo e con la mente, arrivando a credere che essi siano la nostra sola realtà. La convinzione (quasi mai veramente indagata) di essere una persona, un’entità corpo/mente, nata in un certo giorno, in un certo luogo, con una certa storia e con certe caratteristiche, conduce, inevitabilmente, alla certezza della nostra “fine”, del momento in cui smetteremo di esistere e tutto sarà perduto per sempre.
Questa convinzione rappresenta, a mio parere, il nucleo centrale e originario di tutta la sofferenza psicologica umana. Come potrebbe essere altrimenti? Perdere l’unica “realtà” che crediamo esistente, e con essa la sola possibilità di sperimentare la felicità che tanto desideriamo, non può che spaventarci, deprimerci, angosciarci…
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Nei momenti prima della morte il Cielo si manifesta e l’Amore irrompe.
Nella vita, le esperienze sia materiali che spirituali, servono per completare il bagaglio che ciascuna persona porta con sé al momento della morte. Alcuni eventi inspiegabili che accadono a molte persone subito prima del trapasso, sono la dimostrazione di una comunicazione con l’aldilà e della continuazione della vita su un altro piano di esistenza.
Ecco, a questo riguardo, alcune confortanti testimonianze:
– Mio nonno era ammalato di arteriosclerosi da circa un anno e non sempre era lucido, a volte chiamava mamma la moglie. A novantuno anni non era più in salute e nell’ultimo periodo della sua vita, mia nonna lo osservava mentre parlava con qualcuno, ma non riusciva a capire cosa dicesse e con chi parlasse; quello che la colpiva di più era il viso tranquillo e le labbra sempre atteggiate al sorriso, un sorriso dolce, sereno, lieto…
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Lutto e cordoglio, sono entrambe parole che esprimono la nostra paura recondita della morte, come fatto misterioso, inconoscibile ed imprevedibile.
Esaminando l’etimologia di queste parole, vediamo che “lutto” dal latino “lugere” significa “piangere”, il termine cordoglio proviene ugualmente dal latino “cor dolere” e significa “dolore del cuore”. Esse esprimono la nostra radicata paura della morte. Quando muore una persona cara siamo dubbiosi sulla sua sorte, mentre crediamo di conoscere i contenuti della nostra vita qui sulla terra. La comunità vive la morte di un membro come una rottura dell’equilibrio naturale delle cose.
Eppure noi stessi conviviamo organicamente con la morte continuamente. Il nostro organismo non è una singola unità viva, ma è composto da miliardi e miliardi di microrganismi mono e pluricellulari, che nel loro insieme formano il nostro corpo fisico. Queste piccole porzioni organiche sono “vive” nel vero senso della parola: si nutrono, eliminano le scorie, si riproducono, combattono, dormono e muoiono…
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Attraverso l’appassionato lavoro pionieristico della dottoressa Elisabeth Kubler-Ross, siamo giunti ad una nuova, più ampia e profonda comprensione della morte, il grande appuntamento che ci attende tutti e del quale la nostra società moderna, razionalista e materialista, ha fatto, nella sua incapacità di spiegarla, un tabù insuperabile.
Elisabeth Kubler-Ross, grazie al suo lavoro instancabile e paziente al capezzale dei morenti, ha infranto questo tabù. La sua esperienza personale e le consapevolezze che ne sono derivate, sono il risultato di migliaia di ore trascorse ascoltando ciò che queste persone le hanno confidato, nei giorni e nelle ore precedenti la loro morte.
Fin dagli inizi della sua carriera come medico-psichiatra, la dottoressa Kubler-Ross si rese conto che…
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