Vite di persone di scienza: Paul Delos Boyer
di Paolo Di Sia
Paul Delos Boyer, premio Nobel per la chimica nel 1997, ci ha lasciati il 2 giugno di quest’anno, otto settimane prima del suo 100° compleanno (1918-2018).
Nato a Provo, nello Utah, studiò chimica alla Brigham Young University di Provo. Nel 1939 andò al dipartimento di biochimica dell’Università del Wisconsin-Madison per il suo dottorato di ricerca. Dopo la formazione post-dottorato presso la Stanford University (California), nel 1946 accettò una posizione accademica all’Università del Minnesota, a St Paul. Nel 1963 tornò in California per dirigere la divisione biochimica del dipartimento di chimica dell’Università della California a Los Angeles (UCLA), dove trascorse il resto della sua carriera.
La domanda fondamentale che si pose fu: in che modo le cellule usano un gradiente elettrochimico per formare la molecola adenosina trifosfato (ATP), che guida i processi che richiedono energia essenziali per la vita?
Il suo lavoro si è concentrato su tale tematica; si tratta di un enzima, un motore molecolare, una pompa ionica, ed un altro motore molecolare legati assieme in un’incredibile macchina dalle dimensioni nanometriche. Il processo ha un ruolo indispensabile nelle nostre cellule poichè sintetizza la maggior parte dell’adenosina trifosfato (ATP), che fornisce energia ai processi cellulari.
Più del 90% dell’ATP formato nelle nostre cellule è catalizzato dall’enzima ‘ATP sintasi’. Boyer propose un’idea nuova sul funzionamento dell’enzima, ossia che l’ATP sintasi funzioni come un “piccolo motore molecolare”. Proprio come i motori elettrici ruotano quando gli elettroni sono sottoposti ad un gradiente di potenziale, un flusso di protoni (ioni idrogeno) attraverso un gradiente elettrochimico generato dalla respirazione, fa sì che il nucleo dell’ATP sintasi ruoti rispetto alle sue subunità catalitiche circostanti. Poiché il nucleo è asimmetrico, la sua rotazione porta ad un cambio di forma delle subunità circostanti, interrompendo il sito di legame stretto in cui si forma l’ATP e consentendo il suo rilascio.
Come la maggior parte delle grandi scoperte, egli ha avuto un’intuizione che ha sfidato i dogmi di quel periodo.
a) Come prima cosa, pensando e ripensando a dati sperimentali non spiegabili, ebbe l’idea che non ci volesse energia per produrre ATP nel sito catalitico dell’ATP sintasi (come era invece universalmente accettato all’epoca), ma piuttosto che ci volesse per ottenere ATP fuori dal sito catalitico. Detto in altri termini, l’ATP strettamente legato si forma spontaneamente nei siti catalitici; l’energia proveniente dal gradiente elettrochimico viene utilizzata per alterare la struttura circostante, consentendo il rilascio di ATP. Come spesso accade con grandi nuove idee, le prime reazioni furono negative e il Journal of Biological Chemistry respinse il suo manoscritto contenente i dati a sostegno del nuovo concetto. Il lavoro venne poi pubblicato nel 1973 nei Proceedings of the National Academies of Science.
b) Un secondo importante passo nella comprensione del meccanismo, consistette nel riconoscere che i molteplici siti catalitici della sintasi erano coordinati l’uno con l’altro; il prodotto finito ATP viene rilasciato solo quando i precursori dell’ATP si legano in un altro sito adiacente.
c) Nel 1981-82 Boyer propose che la rotazione del nucleo asimmetrico della sintasi, guidata da un gradiente elettrochimico, portasse ai cambiamenti necessari nelle subunità catalitiche circostanti. Successivamente i tre concetti chiave hanno ricevuto un forte supporto sperimentale da numerosi laboratori nel mondo, in particolare, dagli studi cristallografici a raggi X condotti da John Walker, presso il laboratorio di biologia molecolare del British Medical Research Council a Cambridge.
Boyer aveva il grande pregio di estrarre informazioni dai dati, ma attinse anche dalle conoscenze acquisite in anni di lettura oltre il suo campo. Come editore di 19 volumi in una serie di libri intitolati “The Enzymes“, e come (co-)editore dell’Annual Review of Biochemistry, ebbe modo di seguire tutti i principali progressi dell’enzimologia nel corso di diversi decenni. Arrivando alla biochimica come chimico, non come biologo (come era comune negli anni ’40), ebbe un notevole vantaggio; la sua solida comprensione della cinetica e della termodinamica, infatti, hanno giocato un ruolo importante nelle sue scoperte.
Boyer aveva un grande amore per la scienza e una gioia pura per la scoperta; è stato anche un modello per come vivere la vita con integrità, rispetto per gli altri e gentilezza (Nature, vol. 560 – 16 agosto 2018).
Paolo Di Sia
Paolo Di Sia è attualmente professore aggiunto presso l’università degli studi di Padova e l’università degli studi di Bolzano. Ha conseguito una laurea (bachelor) in metafisica, una laurea (master) in fisica teorica, un dottorato di ricerca in fisica teorica applicata alle nano-bio-tecnologie e un dottorato di ricerca in matematica “honoris causa”. Si interessa del rapporto tra filosofia e scienza, di fisica alla scala di Planck, di nanofisica classica e quantistico-relativistica, di nano-neuroscienza, di fisica transdisciplinare e di divulgazione scientifica. È autore di 276 lavori distribuiti tra riviste nazionali e internazionali, capitoli di libri, libri, interventi accademici su web scientifici, pubblicazioni accademiche interne, lavori in stampa. È reviewer di vari international journals, membro di molte società scientifiche internazionali e international advisory/editorial boards, gli sono stati attribuiti vari riconoscimenti internazionali.
Paolo Di Sia
Università di Padova (Italy) & Libera Università di Bolzano (Italy)
E-mail: paolo.disia@libero.it
Webpage: www.paolodisia.com
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