Umani con redini e briglie?
di Eros Poeta
Il “morso” è una parte dell’imbragatura che l’animale umano ha studiato, servendosi del suo intelletto analitico, per rendere più controllabile l’animale cavallo, e poterlo dominare senza rischi.
Il morso si afferra ai lati della bocca del cavallo, mediante una forte traversa metallica, operando una pressione regolabile che diviene tanto più dolorosa quanto più l’animale mostra segni di ribellione al dominio.
Se il cavallo fa il bravo, se l’animale mostra di aver accettato “il suo ruolo” di servo, se non ha “grilli per la testa”, se “fa quello che gli si dice”: allora il morso viene allentato, fino al punto di evitargli ogni dolore (sempre ovviamente che l’animale si sia fisicamente adattato a vivere con una sbarra di ferro che gli attraversa la bocca!). Anche i “paraocchi” hanno un’utilità simile, in quanto evitano distrazioni o anche, in altre parole, un incremento di consapevolezza spaziale. Questo infatti produrrebbe come conseguenza l’attivazione di scelte autonome (disobbedienza, dubbio, autodeterminazione…).
Sappiamo però che talvolta gli abusi, il disagio e il dolore, possono addirittura risultare stimolanti proprio per quei moti passionali di forza ribelle utili a “rompere le gabbie”… Questa riflessione è utile a comprendere che, finché non si sente disagio, negli esseri viventi non si pongono in movimento energie di ribellione. Ci si può, infatti, ribellare solo a qualcosa che limita, blocca, impedisce, costringe… non ci si può ribellare a qualcosa che non si avverte, che non si percepisce come disagio.
Vi sono pertanto due differenti possibili reazioni al dolore o al disagio:
1 – ribellione (Yang);
2 – adattamento (Yin);
Il morso è progettato per produrre dolore in modo tale da essere ritenuto incontrastabile dall’animale, suggerendogli quale unica scelta la seconda: accettazione e adattamento. Di fronte ad una forza superiore alle proprie possibilità, la natura ha infatti solamente due scelte: rompersi o piegarsi. Questo evidentemente dipende dall’indole dell’animale. Alcuni animali, messi in gabbia, si lasciano morire; altri vengono abbattuti e macellati perché “indomabili”…
Il morso non preme sulla parte frontale, o laterale, della bocca. Preme sulle sue due estremità molli. Quella parte della bocca indica la nostra “capacità di dolcezza” e anche “pazienza e tendenza assecondante”. Rappresenta la relazione che abbiamo con gli ambienti deboli, indifesi, inoffensivi. In altre parole, quella è la parte YIN della bocca.
La parte centrale della bocca rappresenta invece il suo opposto: “capacità di durezza, forza” e anche “resistenza, caparbietà, reattività e ribellione”. Rappresenta la relazione che abbiamo con cose e ambienti minacciosi, offensivi, forti, pericolosi. Quindi la parte YANG. Si potrebbe quindi dire che il morso “opera sui punti deboli”…
Il morso, inoltre, non si limita a produrre dolore, ma lo fa in modo da obbligare l’animale – per ridurre il dolore – ad abbassare la testa. L’atto di abbassare la testa coincide con la scelta Yin-accettazione. L’atto contrario, lo stare “a testa alta”, è la tipica postura di chi ha deciso di combattere stoicamente fino alla morte (Yang-ribellione).
Ciò che indica agli esseri viventi la presenza di una “costrizione” è la sensazione di disagio, che si può percepire in molte forme differenti. Quali sono le nostre briglie, i nostri morsi? Cosa ci impedisce di alzare la testa? Sono i nostri problemi quotidiani? I nostri “impegni”?…
Alcuni esperti di Programmazione Neurolinguistica (PNL) affermano, con giusta consapevolezza, che la sfera degli ideali coincide con un involontario movimento degli occhi verso l’alto, mentre i pensieri di preoccupazione, dolore, angoscia, producono al contrario un movimento degli occhi verso il basso.
Come cavalli, il “morso” delle preoccupazioni, del razionale “buon senso”, ci obbliga ad abbassare la testa, ponendoci in uno stato di inferiorità rispetto all’ambiente nel quale viviamo, e conseguentemente obbligandoci ad assumere un atteggiamento remissivo, obbediente, assecondante… Per evitare di soffrire per questa situazione di schiavitù e prigionia, preferiamo non guardare, per evitare la responsabilità che comporterebbe il prendere coscienza dei fatti che ci circondano (paraocchi volontario).
L’essere Umano è “addomesticato”
Se qualcuno ha ancora il “ricordo” della vita selvaggia e ne avverte il possente ardore, allora non serve dire che deve assolutamente rifiutare il “morso”. Deve rifiutarsi di accettare i parametri che il “buon senso” sociale gli suggerisce per essere felice, perché in cambio dovrà accettare redini e briglie. Deve cercare in sé il senso delle cose. Deve astenersi da inutili lotte con i propri simili, per sostenere opinioni prese in prestito da altri. Deve rifiutare le lusinghe dolci e coercitive. Deve rifiutare l’inganno di un viaggio piacevole… solo guardando col paraocchi.
Rammentare la nostra natura selvaggia, ci consente di riprendere un reale cammino di evoluzione interiore. Cammino, che si interrompe completamente quando l’umano vive come un animale domestico. E purtroppo, la maggior parte delle persone, non solo accetta le briglie e il morso, ma perfino li desidera!
Il nostro “padrone” è veramente astuto, se è riuscito a produrre questo in noi! Ma tutto questo evidenzia anche che egli, per controllarci, ha bisogno di mantenerci incoscienti. Forse allora, in fondo, egli ci teme!
Articolo di Eros Poeta
Fonte: http://erospoeta.blogspot.com/
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