Riflessioni sulla Morte o Transizione
Per l’uomo la morte ha rappresentato un mistero, un enigma, sin dall’inizio della sua esistenza. Alcune antiche civiltà, tuttavia, hanno compreso il carattere sacro e mistico della morte, in quanto ponte tra i mondi visibile ed invisibile.
“Per quanto paradossale possa sembrare, la morte dà alla vita sulla Terra tutto il suo significato profondo, il suo peso specifico, nonché il suo valore spirituale e morale. Il disordine e il caos della vita moderna, con la sua cacofonia e bruttezza, provengono dall’incomprensione del fenomeno della morte”. (1)
Dietro la comprensione della morte si nascondono tutti i valori morali dell’esistenza. Così, con la comparsa del pensiero materialista che, si dice, si situi verso l’epoca del Rinascimento, i valori spirituali precipitano nell’oblio, si elude la morte, la si teme, e così nasce la superstizione. I piaceri effimeri, essendo più tangibili, predominano. Non ci si sorprende di vedere che la criminalità, il suicidio, le dipendenze e tutti i problemi di questo genere sono in crescita.
“Se la riflessione sul carattere positivo e sacro della morte penetrasse di nuovo la coscienza dell’uomo, senza dubbio sarebbe diverso. Risvegliandosi, l’umanità prenderebbe coraggiosamente le misure… contro il suo smarrimento così prolungato”. (1) Ciò di cui ha bisogno il nostro mondo, è di essere istruito nella vera Conoscenza: “Il grande problema dell’umanità è l’ignoranza a tutti i livelli” (Dalai Lama). (2)
Quando si comprende la legge del Karma, o “legge di causa ed effetto”, le nostre azioni cambiano. Quando si riconosce l’ispirazione e l’intuizione, oltre a tutte le possibilità di proiezione del pensiero, i limiti dell’invisibile si dissolvono. Quando attraverso la fede, sostenuta dalla conoscenza e dall’esperienza, l’immortalità diventa una certezza, non vi è più posto per la paura dell’ignoto, della solitudine e della sofferenza, né per la superstizione. Allora il termine Transizione assume il suo vero significato e, come per il giorno e la notte, vita e morte diventano inseparabili complementi, eterni innamorati abbracciati.
La Transizione: un’Iniziazione
La morte e la nascita sono, quindi, le due fasi chiave del nostro passaggio sulla Terra. Una ne segna l’inizio, l’altra la fine, a meno che non costituiscano entrambe una transizione della coscienza da un piano d’esistenza a un altro.
I Rosacrociani sono particolarmente interessati a questo processo della morte o transizione. Quello che gli conferisce tutta la sua importanza e significato, è l’impatto che ha sulla nostra coscienza. Ecco perché la chiamiamo iniziatica. Il nostro mondo ha perso tutto il senso iniziatico della morte e quindi della vita. Quando sapremo riconoscere che l’avvenimento importante o significativo della nostra esistenza è un’iniziazione, allora la vita e la morte assumeranno il loro vero significato.
Con la comprensione delle leggi spirituali, si possono comprendere meglio le leggi materiali, essendo queste sottomesse alle prime, al punto che diventa possibile il dominio dei due piani; poiché tutto ciò che è in basso è come ciò che è in alto e viceversa.
Preparazione alla Morte
Prepararsi alla transizione, comprendendola meglio, non la fa anticipare. Questo soggetto risulta, tuttavia, ancora un tabù per molte persone, poiché tocca le fondamenta e i valori più profondi dell’essere umano. Ciò che consideriamo tabù, spesso è qualcosa che abbiamo paura di affrontare, elementi che non vogliamo riconoscere in noi. Preferiamo avvolgere di mistero ciò che non possiamo spiegare e che, per ignoranza, crea in noi paura e superstizione. È vero che desideriamo conoscere tutti i misteri dell’Aldilà, ma solo l’esperienza interiore può svelarceli.
1) La morte… un viaggio
La preparazione alla transizione è paragonabile ai preparativi per un viaggio. Prima di partire bisogna documentarsi, conoscere i luoghi e sapere come si vive nei luoghi dove intendiamo recarci. Anche al grande momento della transizione ci si dovrebbe preparare.
Ma, soprattutto, perché attendere tanto prima di pensarci? Questa prospettiva aiuterebbe sicuramente a vivere la transizione in modo meno angosciante, più sereno e cosciente. Può sembrare paradossale, ma più si addomestica la morte, più si apprezza la vera vita e si sente la Vita in noi. Senza questa visione, vita e morte sono degli opposti che non hanno alcun reale significato.
2) Le diverse morti
Durante la nostra vita, viviamo comunque numerose morti o transizioni. Ognuna necessita distacco, accettazione e adattamento ad un nuovo modo di vivere, ad una nuova comprensione. C’è la morte di un aepersona cara, la separazione da un congiunto, un amico, la perdita di un arto, di un impiego, un trasloco, la rovina sociale o economica, la pensione, il passaggio delle diverse età della vita, la morte dell’ego e infine la morte del corpo fisico.
Ciascuna di queste perdite comporta un dolore. Come placarli? Non è forse un paradosso, cercare di trovare una soluzione a una situazione senza uscita e inaccettabile? Così questa perdita ci pone davanti a due scelte, accettare o negare:
– accettare = adattamento = visione del futuro = vita
– negare = stagnazione = ritorno al passato = morte.
La capacità di adattamento e accettazione, determina una minore durata del dolore. Accettare di perdere per meglio ritrovare! In realtà, le tappe vissute da chi trapassa sono le stesse per i congiunti che sopravvivono, con la sola differenza che uno cambia di piano mentre gli altri continuano su questo. Sia per l’uno che per gli altri c’è transizione, iniziazione, elevazione di coscienza. Solo il tempo e lo spazio – la frontiera tra i mondi visibile e invisibile – li separano.
Una visione più spirituale riduce i limiti tra il mondo dei viventi e quello dei morti. Le persone trapassate non sono degli scomparsi, ma degli invisibili. È risaputo che per molti che hanno perso un essere caro, il contatto con lui, durante un sogno o mediante una proiezione psichica, agisce come una terapia. Spesso, questo contatto privilegiato dà la certezza che la persona trapassata esiste sempre, determinando così fiducia nella credenza in un mondo superiore o almeno al di là di questo. Inoltre, tale contatto reca solitamente un messaggio che conforta o permette di attenuare le colpe, le angosce o le paure. Sovente lascia una forte impressione d’amore e di compassione, oltre a una sensazione di pace profonda; il che permette alla persona contattata di concepire la propria vita in modo più sereno e fiducioso.
3) La morte dell’Ego
La morte dell’ego o, se si vuole, del vecchio uomo, con i suoi falsi desideri di possesso, di potere e di prestigio, costituisce un elemento centrale del sentiero iniziatico e particolarmente dell’esperienza della transizione. Dal punto di vista della psicologia moderna, l’ego è lo strumento, l’agente di ogni crescita (qualunque ne sia la sorgente). Paradossalmente è anche il freno di questa crescita, a causa delle debolezze del suo sviluppo.
D’altra parte, secondo i buddisti tibetani, l’ego è un concetto illusorio che non ha reale sostanza. Sarebbe la fonte di tutti i nostri problemi poiché è sinonimo di attaccamento. Solo sviluppando la compassione possiamo arrivare ad annullare l’ego. La compassione non è l’amicizia, ma l’amore disinteressato, poiché distrugge l’attaccamento. Secondo la visione Rosacrociana, il fatto di inviare buoni pensieri, in modo disinteressato e non personale, rappresenta una forma di compassione.
Il corpo soffre quando muore poiché non vuole riconoscere quest’altra dimensione dell’io vero. Non sa dove va e non vuole lasciare la presa. Il suo mondo è quello della materia. Viviamo in un corpo, fintanto che abbiamo bisogno di proiettarci in esso al fine di comprendere, e infine riconoscere, la nostra vera natura spirituale. Soltanto allora avremo acquisito la convinzione che non possiamo perdere alcunché abbandonando il corpo fisico.
Per tutta la vita siamo stati più volte davanti alla morte dell’ego, ma gli abbiamo detto no: “Ho paura di perdere qualche prerogativa. Sono attaccato ai miei pensieri, ai miei beni, agli esseri cari”. Tanto che abbiamo dimenticato questi momenti di richiamo della coscienza. Credendo di aver detto no alla morte, noi abbiamo detto no alla vita. Ma dato che i nostri meccanismi di difesa sono sempre allerta, perseveriamo finché, un bel giorno, comprenderemo chi è questo vero Io in noi, chi è questo Maestro interiore. Egli non è altri che il Saggio che noi siamo e che, nella sua grande saggezza, attende di essere riconosciuto e ascoltato.
“Tutti ricerchiamo un qualche titolo, chi quello di ‘signore’, chi quello di ‘presidente’, di ‘figlio’, di ‘ricco’ o chissà quale altro. Volere tali titoli prova il nostro attaccamento al corpo, poiché possono essere applicati solo ad esso. Il primo passo verso la realizzazione spirituale consiste nel realizzare che siamo distinti dal corpo. Il solo modo per sottrarci a queste influenze è praticare il distacco, abbracciare il servizio di devozione al Signore”. (3)
La solitudine di fronte alla Morte
Non è la nostra anima che teme la transizione, ma l’io razionale in noi. Temiamo la sofferenza che gli ultimi momenti possono causarci, temiamo di diventare un peso per gli altri, di perdere la nostra autonomia, dover dipendere… e, soprattutto, temiamo la solitudine. Poiché in quel grande momento saremo soli.
Perché paventare la morte con paura, angoscia, incertezza e a volte persino come un nemico da combattere, mentre è la nostra più grande alleata? La notte non è infatti salutare per il riposo e per la rigenerazione che ci procura?
Questa dimensione della solitudine è una fase importante nell’accettazione della morte e della vita. Tale solitudine e tale silenzio si vivono anche nello stato immediato della morte, dai tibetani chiamato “tra-due” o “Bardo”. Quest’ultimo consente all’essere di confrontarsi con se stesso, di riconoscere il proprio Sé e differenziarlo dal corpo dal quale si è appena separato. Poi di prendere coscienza della sua vera identità e quindi chiedersi dove va, cosa farà e così uscire dallo stato “tra-due”. Se in vita ha già riconosciuto questa dimensione del Sé, non vive più questa solitudine e questa paura nello stesso modo. Il passaggio agli altri piani di coscienza è senza dubbio molto accelerato e più felice, poiché più cosciente.
Conclusione
La nostra visione della morte, potrebbe essere ben rappresentata dalla Sfinge egizia che è il contrario della morte. La Sfinge è scolpita nella pietra, che rappresenta la terra su cui poggiano le sue zampe di toro pronte ad agire. Il corpo di leone rappresenta l’animale in noi, l’animale domato, il leone riportato alla Vita. Le ali d’aquila le permettono di elevarsi per vedere dall’alto; è il simbolo dell’essere spirituale in noi. Poi quel viso umano che esprime la vita dopo che ha trasceso la morte, il tempo e lo spazio. Il suo sguardo è vivo e trafigge ogni coscienza. Infine, la Sfinge esprime l’eterna giovinezza o la vita eterna, poiché non ha età né sesso. Sembra dirci: “Svegliatevi, non affondate nella materia, non spaventatevi delle vostre realtà; ridiventate coscienti di ciò che siete realmente:Esseri divini in possesso della vita eterna. Guardatemi! Io ho attraversato i secoli e sono sempre qua a ricordarvi chi siete… “
In effetti la morte non esiste realmente. È soltanto una transizione verso un altro stato. La morte è una condizione terrestre e materiale; solo la Vita esiste. Molti mistici e poeti hanno descritto questo stato e lo hanno chiamato “Illuminazione”, “Coscienza Cosmica” o “Rigenerazione”.
Da questo punto di vista, è facile immaginare fino a che punto la nostra morte sarà meravigliosamente cosciente. Essa, in realtà, non sarà mai una morte, ma la Vita nella sua piena realtà.
Pubblicato sulla Rivista Rosa+Croce (Primavera 2006)
Bibliografia:
(1) Livre des morts des anciens Egyptiens – Editions Stock, Paris 1985 (Libro dei morti degli antichi Egizi).
(2) Actes du Congrès International Le Processus de guérison: par-delà la souffrance ou la mort – Montréal 1994) (Atti del congresso internazionale Il processo di guarigione: al di là della sofferenza e della morte – Montreal 1994).
(3) Dominique Viseux: La mort et les états posthumes selon les grandes traditions – Guy Trédaniel Editeur, Paris 1989 (“La morte e gli stati postumi secondo le grandi tradizioni”).
Fonte: https://www.amorc.it/documenti/rivista-rosa-croce/riflessione-sulla-morte-o-transizione.html
Misericordia e Pietà di DIO, sei tu per me, o Morte