L’eterna “adultescenza” della nostra società
di Gabriele Sannino
Viviamo tempi strani e bui, tempi in cui le persone vivono come adolescenti ma non lo sanno, dato che la qualità dei loro pensieri, dei ragionamenti e perfino delle loro vite, è imposta da mass media che rispondono a poteri occulti, calibrati decisamente su un livello anti-evoluzione.
L’ingrediente principale di questo cocktail è sempre uno: la paura. Del resto, cosa c’è di meglio per dominare le persone? Regressione e paura, oggi, sono gli elementi essenziali per un’eterna adolescenza – un’adultescenza – nella quale buona parte dell’umanità è sprofondata e non riesce più ad uscire, dato che non riesce a liberarsi di schemi mentali e automatismi comportamentali da tempo acquisiti.
L’adolescenza – come molti sanno – è un passaggio evolutivo importante, in cui l’individuo deve imparare a “lavorare” il proprio mondo interiore, frutto molte volte di paure ed eccessi di ogni tipo, armonizzandolo con quello intorno a sé. Chi non riesce a fare questa distinzione, di solito, rimane come sospeso, immerso in mille e più fobie, che paralizzeranno tutta la sua vita, a danno suo e di chi lo circonda.
L’adultescente di oggi, quindi, tende a idealizzare tutto, dalle relazioni alla vita, e per questo si annoia o peggio ancora si deprime quando guarda alla realtà scoprendone l’inevitabile scollamento. Per l’adultescente attuale, tutto è ancora bianco e nero, e se una persona ci delude, allora tutto il mondo ci delude: ciò vale per tutti gli aspetti dell’esistenza.
Oggi – e questo non è un caso – per affermarsi come persona, più che essere intelligenti e saggi o ancora equilibrati e presenti a se stessi, bisogna essere alla moda, fisicati, eternamente e stupidamente giovani, pronti a un divertimento artificiale senza consapevolezza né logica. Insomma, bisogna operare un’evasione temporanea da una realtà che è tutta artificiale e senza sostanza, perché così ci si “gode” la vita.
Questa regressione invisibile e collettiva (di cui un po’ tutti, in fondo, siamo vittime), ci induce ad essere schiavi di un ego sproporzionato, nonché del desiderio di essere desiderati (soprattutto per le nostre caratteristiche fisiche, sulle quali puntiamo, ovviamente, tutte le nostre fiches), e questo ci costringe a sviluppare un analfabetismo emozionale, che riemerge sotto forma di esibizionismo e paura di “soffrire”, traducendo il concetto di realtà in una superficialità di massa che anestetizza la coscienza e l’evoluzione di ciascuno, impedendo quell’emancipazione che è indispensabile per crescere e liberarci dalle paure.
Al posto di un amore reale per noi stessi e per gli altri (che sono lo specchio di noi stessi), per esempio, viviamo impantanati in un coacervo di solitudini ed egoismi, i quali – guarda caso – ci impediscono di relazionarci in modo sincero e autentico con gli altri, a tutti i livelli, spingendoci verso relazioni fatte di interessi e di una sostanziale solitudine.
Essendo spaventati da tutti i sentimenti e in generale dalle emozioni, amiamo poco in realtà anche noi stessi, e ci confortiamo con tanti balocchi che non riescono a riempire tutti questi vuoti. Come gli adolescenti, rimaniamo vittime di noi stessi, passando da una paura all’altra, da un giochino umano o tecnologico all’altro, proprio come farebbe una bandiera in presenza del vento. Siamo un’umanità spaventata da se stessa, che crea relazioni sempre più tristi e povere, del tutto insoddisfacenti.
L’amore, in tutte le sue forme, è un metodo infallibile per confrontarsi e fare esperienze, e ciò vale in tutti i tipi di relazioni, di amicizia o sentimentali che siano. Mentre viviamo le nostre attuali finte relazioni, desideriamo – ed è una conseguenza – sentirci liberi, specialmente da quelle sentimentali, e ciò non è del tutto illogico, dato che il sesso iperbolizzato dai mass media è uno dei pochi piaceri – benché effimero – che ci sono rimasti per godere del nostro prossimo.
In questo modello di società, insomma, non si potrà mai essere liberi, dato che “per default” dobbiamo rifiutarci di scoprire e vivere serenamente noi stessi. Ogni relazione sentimentale, per esempio, viene vista oggi come un progetto a scadenza, e in questo anche i social network hanno una loro precisa responsabilità, vista l’apparente quantità di persone che si sembra possibile conoscere. Non si capisce perché l’amore non possa essere considerato come una bellissima e profonda esperienza delle nostra vita, grazie alla quale siamo in grado di regalarci importantissimi momenti di crescita, confronto, gioia e condivisione.
La crisi economica attuale (o meglio la finta crisi) costringe oggi molti giovani a non lasciare la casa dei genitori, minando in questo modo la loro emancipazione sessuale ma soprattutto sentimentale. Si assiste così – come affermano i sociologi – al fenomeno cosiddetto del “nido pieno”, ovvero a giovani che non possono (o perfino non vogliono) abbandonare la casa nativa, cosa che li rende dei veri e propri adultescenti.
L’immaturità di molti adultescenti, oggi, è tale che molti sognano progetti illusori e utopistici, che poi ad un certo punto crollano per forza di cose, e anche in quel caso non si analizza il proprio comportamento ma si da la colpa a chi sta più vicino. Ansia e depressione, divengono di conseguenza le vere malattie del secolo: il vuoto che si vive dentro è tale che non lo si riesce a riempire né con relazioni virtuali (che per forza di cose sono distanti), né con amicizie reali ma spesso precarie, e in generale con rapporti flebili o interessati.
L’essere umano che ha raggiunto un certo equilibrio e rispetto per se stesso, che lavora, che ama, che ha degli interessi, delle amicizie, delle passioni, ha tutto il diritto di sentirsi felice, perché tutto questo è una condizione reale di serenità.
Superare le nostre paure e cercare un nostro piccolo posto nel mondo, è un primo e grande passo per uscire dall’eterna adolescenza che il sistema vuole per noi, per controllarci e tenerci sempre in uno stato di paura e tensione, stati che ci impediscono di pensare con lucidità e quindi crescere.
La chiave, come sempre, è il cuore, ovvero vivere con più cuore se stessi e gli altri, poiché meritiamo tutto l’amore che possiamo dare e che possiamo ricevere. L’ideale, per riavere se stessi e un mondo migliore in tutto questo caos provocato ad arte, sarebbe farsi sempre e solo una domanda: “cosa farebbe il cuore ora al posto mio?” Ovvero: “cosa farebbe al posto mio… l’amore?
Articolo di Gabriele Sannino
Fonte: https://gabrielesannino.it/2016/07/25/leterna-adultescenza-della-nostra-societa/
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