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Quarantacinque secondi d’Eternità: l’Esperienza di pre-morte di Nicole Dron — 5 commenti

  1. E’ bello volere credere nel mistico, ma non vedo e sento raziocinio in tutto ciò che ha raccontato, Dio c’è…Si Manifesti una volta per tutte!! La fede è gratuita, ma non spontanea, penso a milioni di innocenti morti in queste diaboliche guerre, dov’era Dio???? …..

  2. Le esperienze cosiddette di “pre morte” non hanno nulla a che fare con la vera morte. Chi le racconta non ha avuto nessun tipo di morte cerebrale che ovviamente è irreversibile e se avviene per davvero non si torna indietro a raccontare. Il cervello privato per pochi secondi di ossigeno crea immagini legate alla cultura di cui è intriso. Un mussulmano vedrà maometto, un cristiano gesù cristo, e così via.
    La morte cerebrale (parziale) la vediamo invece in alcune malattie come l’alzhaimer dove la distruzione dei ricordi, della consapevolezza di sé fino all’estinzione dell’io più profondo è progressiva e totale. Alla fine ci si riduce a poco più che vegetali.
    Pensare che la definitiva distruzione del cervello creata dalla morte possa in qualche modo restituire una qualche consapevolezza di sé è illusorio.
    Certo, si può crederlo forse per sfuggire all’angoscia del nulla, ma è profondamente illogico.
    Racconti come questi sono assimilabili alla narrazione dei sogni. Hanno una valenza psicologica e sociologica, ma nulla ci dicono sull’aldilà

  3. Cosa sappiamo della “consapevolezza del se”, chi può dire con certezza se sia legata necessariamente e solamente alla struttura dell’organo umano chiamato cervello, chi può sentirsi sicuro nel dire che non possa esistere una consapevolezza che trascende una radice di umanità e che si rivela nel momento in cui l’individualità terrena viene superata per entrare in una dimensione che non ci è possibile definire con gli argomenti logici e culturali che abbiamo a disposizione? Non possiamo per ora nemmeno definire con soluzioni inconfutabili e definitive la zona di confine che esiste tra l’appartenenza a questo mondo e una parte marginale di una realtà convenzionalmente chiamata oltre! Forse dovremmo accettare, senza tanti sofismi, che non tutto ciò che non è rapportabile a una esperienza coordinata di un cervello limitato e limitante, predisposto d’altro canto per un’umanità forse deviata da ben altro progetto, entri di prepotenza nel campionario dell’impossibile. Ciò che è impossibile per l’uomo è possibile per Dio!

  4. “Non possiamo per ora nemmeno definire con soluzioni inconfutabili e definitive la zona di confine che esiste tra l’appartenenza a questo mondo e una parte marginale di una realtà convenzionalmente chiamata oltre!”.
    Non sono d’accordo. Il confine esiste ed è uno solo: la linea del non ritorno. Purtroppo tutti i racconti di “pre morte” sono comunque esperienze di persone “vive” che erano vive nel momento in cui hanno vissuto le loro esperienze.
    La morte è un’altra cosa, è un processo distruttivo totale e irreversibile che non può lasciare ricordi come noi non abbiamo ricordo di quando eravamo veramente morti… cioè prima di nascere!
    Molto meglio immaginarselo l’aldilà, come nel passato hanno fatto sommi artisti (Dante) oppure nelle loro visioni i grandi profeti oppure ancora nelle loro geniali intuizioni i grandi filosofi.
    Non c’azzeccheranno nulla con la realtà ma almeno l’arte, la fede e il raziocinio danno ben altro spessore al loro argomentare.

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