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Perché falliranno… — 3 commenti

  1. Articolo interessante, ma che mi lascia alquanto perplesso.
    A grandi linee, mi trovo d’accordo. Nel contempo rilevo qualche incongruenza stridente.
    Come affermare una cosa e nel contempo il suo contrario.
    Mi riferisco in modo particolare al ruolo pro-globalismo attribuito al relativismo morale.

    Già dire “relativismo morale” mi allerta.
    Il relativismo dovrebbe essere piuttosto la non-attribuzione di significato morale alle diversità di qualunque genere e tipo. Ovvero, la pura accettazione di una realtà eterogenea ed inomologabile/inomogeneizabile. Il bene ed il male relativi non sono morali, ma funzionali. Inoltre, il relativismo dovrebbe implicare anche, come suo inevitabile corollario, la simmetria del tutto, la sua sommatoria neutra.
    Ogni cosa è moto e trasformazione all’interno di un tutto immutabile. Determinismo.
    Dunque il relativismo dovrebbe essere realismo, funzionalismo e determinismo. Ed io mi riconosco quale filosofo (decisamente irrealizzato) di pensiero (forma mentale, punto di vista, fede, o come altro si possa dire)
    relativista-realista-funzionalista-determinista.
    All’opposto avremmo un pensiero assolutista-idealista-moralista-indeterminista.
    Questo, sia chiaro, senza voler fare una dicotomia del tipo “o bianco, o nero”, perchè, da bravo realtivista, non ragiono per estremi, bensì per parametri e versanti (esempio facile: parametro luminosità, versanti chiaro e scuro).
    Così aggiornerei la contrapposizione in:
    # Relativismo-realismo-funzionalismo-determinismo-parametricità
    # Assolutismo-idealismo-moralismo-indeterminismo-dualismo(o dicotomicità)

    Chiarito il concetto (Magari!), ritorniamo al punto sollevato. Quello del ruolo pro-globalismo attribuito al relativismo morale.
    Come può una mente ispirata al relativismo concepire, approvare, o anche solo ritenere credibile/fattibile un progetto di globalizzazione?
    La prova di Godel, nel pensiero relativista, è del tutto superflua, non serve dimostrare l’ovvio. E’ lapalissiano che
    una parte non può conquistare il tutto di cui è solo un componente. Così è proprio nel pensiero relativista che risulta ovvio il fallimento a cui sono destinati i globalisti.
    I globalisti sono piuttosto assolutisti. Infatti, il fondamento del globalismo è la pretesa della bontà assoluta (superiorità morale) di un sistema di valori che ne promette la vittoria finale su qualsiasi rivale in una naturale
    competizione delle parti per la supremazia sul mondo e la sua determinazione.

    Ma la squadra che porta avanti uno specifico progetto di globalizzazione non include la generalità degli assolutisti, o globalisti. E’ solo un gruppo che vuole conquistare il mondo ad un particolare sistema di valori piuttosto che ad un altro.
    Se Carlo Magno sta conquistando il mondo all’impero carolingio, ovvero sta facendo la globalizzazione carolingia, contro di lui non si solleveranno solo quelli che sono contrari alla globalizzazione in quanto tale, ma anche chi è contro Carlo Magno perchè vorrebbe la globalizzazione di Gengis Kan.
    Se oggi il mondo è schiacciato dalla globalizzazione neoliberista, contro di questa si sollevano sia quanti riconoscono stoltezza nella pretesa di globalizzazione (relativisti), sia quanti vorrebbero la globalizzazione comunista, o keynnesiana, o cristiana, o islamica, o vattelapesca (assolutisti di altra parrocchia/squadra).
    Così, nel contesto storico, ci troviamo ad avere da una parte una squadra organizzata con un progetto ben preciso che ha raccolto molte forze e le sta impegnando sapientemente per il proprio massimo successo contro il mondo.
    Dall’altra parte abbiamo un moto naturale di contestazione che raccoglie, in un’alleanza transitoria e pericolosa, un coacervo disorganizzato di parti diverse, talune normalmente inconciliabili tra loro, ma tutte oppresse da questo progetto. Ovvio che sia facile, per chi si trova ai vertici, denigrare il moto di protesta come populismo, e così manipolare, destabilizzare e spaventare molti con i pericoli della rivoluzione.

    Come faranno i barbari a sconfiggere la potenza dell’impero romano?
    Non lo faranno. L’impero romano si sconfigge da sè. Poi i barbari ne metabolizzano le spoglie.

  2. Un altro punto che trovo stridente è quello della contrapposizione tra collettività e individuo.
    La ritengo una falsa contrapposizione, utilizzabile come strategia, come tutte le false contrapposizioni, ma sempre falsa.
    L’individuo ed il gruppo (o tribù, o collettività) sono strettamente interdipendenti. Il ragno vive da solo sulla sua tela, l’individuo umano no. L’essere umano individuale non può esprimersi senza nessuna collettività, e non può esprimersi bene senza la sua giusta tribù. Allo stesso modo un gruppo non è niente senza i suoi giusti individui. Anche il gruppo è reale quanto lo sono i suoi individui componenti. Purtroppo accade spesso che i gruppi siano in varia misura contraffatti/infiltrati anche senza nessun malvolere. Il bisogno umano dell’appartenenza spinge facilmente a surrogarne una anche quando non è realmente disponibile e spinge a trasformismi altrimenti inaccettabili. Come qualunque bisogno, può essere manipolato e sfruttato. La conseguenza è che, nel tempo, i gruppi diventano incongrui, minati da relazioni di appartenenza fittizie, ma chi vive una dipendenza non può accettare separazioni e quale garanzia migliore della tribù globale?

    La vera contrapposizione è tra (collettività+individuo)disfunzionali e (collettività+individuo)funzionali.
    Individui e gruppi, alla pari reali, sono soggetti a conoscere la salute e la malattia, la giovinezza e la vecchiezza, etc…, etc…, ed a finire tutti sotto la livella.

    Anche a non avere una cura, non c’è da preoccuparsi. La selezione naturale può essere un medico doloroso, un giudice severo, ma non sarà di parte.

  3. Al di la’ dei commenti di tipo filosofico, personalmente mi chiedo, vista la estrema potenza di questi definiti globalisti, ma a che punto dovremo arrivare prima di vedere un’inversione della situazione attuale?
    Se nonostante ogni giorno sempre più sistema si stà AUTOBLOCCANDO tra veti incrociati, pratiche burocratiche, interessi contrapposi, sistemi faragginosi, ma soprattutto quello che comunemente è inteso come crisi economica ma che in realtà è mancanza voluta di ridistribuzione della ricchezza e circolazione di capitali.
    Tutto vuole bloccare la ruota della società produttiva e proprio per poi dettare le regole per farla ripartire.
    Come molto candidamente diceva l’on. Mario Monti, le crisi si creano apposta per introdurre quei cambiamenti che servono a……
    A chi poi servono e per quale scopo ormai lo abbiamo capito tutti, togliere diritti, togliere organismi di garanzia, a tutti i livelli per attribuire il tutto ad un solo organo specifico superiore autodiretto e senza controllo.
    Perciò continuo a chiedermi ” ma a che punto dovremo arrivare?” e poi soprattutto ma alla fine quali danni dovremo subire per poi dover riparare?

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