Quel Sassolino Bianco
di Mauro Vanzini
Giocavo perché ero un bambino, le cose intorno a me riflettevano magia, se fissate con incanto.
Ho corso, perché le gare erano come la vita, ma inciampavo, trascinandomi dietro la semplicità di chi non conosce ancora le cause, né immagina gli effetti.
Erano dei grilli nella testa, pensavano.
La gramigna nelle crepe dei marciapiedi era la mia vera scuola, le siepi delle mie parti la mia geografia.
Non ho mai voluto comprendere le loro parole, non ho mai voluto essere come loro. Oggi capisco.
Ho studiato su dei libri. Imparavo cose meravigliose, ma subito le destrutturavo fino ad arrivare agli atomi. Mille teoremi di matematica possono contenere nient’altro che il vuoto, mentre il più piccolo sassolino di quarzo, l’infinito. Dipende da te.
Ho combattuto le battaglie perse di una guerra inesistente, contro le carogne che la vita ti butta addosso, fuori e dentro la famiglia. Erano solo trappole della mia stessa mente.
Ho cercato, e cerco, il prato dell’erba nuova, con i suoi fiori, i suoi tramonti. Percorro con gli occhi le tracce dei grilli campestri, fin dentro il loro buco, mentre in estate li ascolto, lassù, nel paradiso che mi esiste dentro.
La mia aria trasporta petali di fiori, sostiene api e calabroni, accarezza foglie, uccellini, ed ogni essere magnifico della natura.
Oggi ancora, non posso fare altro che giocare, libero, perché la società non esiste davvero.
Mi vergogno per loro, gli adulti, i cittadini dell’impero, che si uccidono ogni giorno, bloccati fino alla morte nella palude delle loro abitudini.
Gioco e volo, e tiro forte, per spezzare le mie catene interiori.
Ho capito oggi che non sbagliavo, vedevo. E tengo ancora stretto nella mano quello stesso sassolino di quarzo bianco, un punto che contiene tutto.
Articolo (poesia) di Mauro Vanzini
Fonte: www.fisicaquantistica.it
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