Genesi di un cambiamento: l’archetipo spirituale precede quello fisico
Ultimamente si sono diffuse voci riguardanti la possibilità di mutamenti nel DNA umano. Ma qualsiasi cambiamento sul piano fisico-materiale, un possibile “salto qualitativo”, avviene sempre prima sul piano spirituale. Dall’archetipo del piano sottile spirituale, alla forma densa. Questa è l’evoluzione.
La natura ci insegna che qualunque trasformazione incomincia nelle minuscole strutture del DNA, e non si può discordare da questa verità scientifica, se il termine di riferimento “vita”, è inteso per ciò che è puramente fisico. Tuttavia, per chi riconosce e scorge la “Vera Vita” e la riconduce alla propulsione che anima la materia, il termine di riferimento cambia. Costui va oltre, scavalca il margine iniziale ponendosi nel frangente antecedente, in quella porzione di spazio che possiede natura spirituale e che precede qualsiasi materializzazione.
Proviamo, allora, ad approfondire meglio questa natura spirituale. Il piano spirituale, è sia il preambolo di ciò che si manifesta materialmente, sia il raccoglitore successivo all’esperienza terrena. La sostanza del corpo spirituale perviene sulla terra con determinate caratteristiche legate alla propria evoluzione. Entrando in contatto con la vita materiale, questa sostanza tramite i vissuti e le esperienze, subisce delle modifiche, trasformandosi continuamente, così che ritornando in quel piano sottile, la sua naturale sostanza sarà variata rispetto a come era inizialmente. Il bagaglio col quale fa ritorno possiede quindi nuove informazioni che andranno ad amplificare la sfera cognitiva della coscienza, determinando di conseguenza un cambiamento nella sostanza animica. E questo sarà il nuovo punto di partenza per la futura successiva incarnazione. La prerogativa di quel piano è la capacità di improntare l’immagine, le idee madri, le grandi linee e anche le piccole modifiche, le quali formeranno nel campo morfico un’intelaiatura modificata rispetto a quella precedente, e che sarà la successiva causa d’origine dell’elemento fisico.
La straordinaria capacità spirituale di modellare il disegno causale, è il miracolo che si manifesta sul piano fisico. Il possibile salto qualitativo-evolutivo (come la natura stessa ci mostra) avviene quindi prima sul piano spirituale. Se ad una scimmia, ad esempio, si allunga la coda prensile, si dirà che la concomitanza dell’atto ripetuto di aggrapparsi ai rami dell’albero, associata al bisogno di maggiore prestazione, ha prodotto nella sua natura un cambiamento genetico, e che tale evoluzione migliorativa sarà riprodotta nei geni trasmessi alla discendenza, la quale ne trarrà il beneficio. Ma chi o cosa c’è dentro la scimmia che incita al bisogno di compiere un salto con maggior destrezza? I suoi muscoli, il suo cervello, il suo istinto, o quel bisogno di progredire mescolato tra pensiero ed emozione che la rende unica e diversa nel gruppo, e che per definizione chiamiamo il prototipo? Ma il prototipo è il testimone materiale di un salto qualitativo prima spirituale, poi psichico, e solo alla fine fisico.
In un laboratorio della California, tramite uno stimolo elettrico (energia) sono riusciti a far contrarre un insieme di cellule di tessuto miocardico. Disponendo tali cellule con una geometria specifica, esse si sono contratte all’unisono riproducendo in sincronia il battito cardiaco. Tramite un’infusione elettrica, la mano dell’uomo ha determinato l’avvio. E’ stato quindi l’intervento esterno di un’entità pensante che ha prodotto movimento e vita fisica (non cosciente) nel tessuto. Di nuovo ricompare il disegno convenzionale: la materia si plasma sotto una “spinta motivazionale”. E che nome dà la scienza a questa spinta? Ci prova: intelligenza. Ma è difficile nominare qualcosa che non si vede al microscopio. E allora l’intelligenza umana, diventa come l’eccipiente del farmaco, quando invece è il principio attivo.
Tutto ciò che rende possibile l’esplicazione materiale, è determinato da un agente informativo che si colloca come archetipo nel piano causale. La matrice. Su questo fondamento, se si guarda bene, si trovano le corrispondenze inerenti ad una quinta dimensione, poiché la matrice o corpo causale è il quinto involucro dell’essere, dove la coscienza/anima si impernia. Qui andrebbe aperta una parentesi perché le diverse scuole di pensiero divergono nello stabilire il piano dell’anima, chi quarto, chi quinto, ma è una disquisizione puramente tecnica che, a parer mio, distoglie dal concetto, fermandosi sui numeri. Il corpo causale è la “zona di collocamento”, il punto da dove parte lo stimolo verso i veicoli di espressione sottostanti.
E com’è il salto che si aspettano coloro che riconoscono la “Vera vita” come la matrice per la forma? Non è certo un salto improvviso e materiale, sarebbe una illogicità e cadremmo in un’enorme contraddizione, per giunta contro natura. Va infatti definito bene che qualunque trasformazione fisica possibile, auspicabilmente in meglio, debba rispondere alla logica dell’evoluzione. Dall’archetipo del piano sottile spirituale, il corpo causale, alla forma densa. Questa è l’evoluzione.
Il requisito necessario affinché la coscienza possa determinare una “radicale trasformazione archetipale nel dna fisico” (non una modifica di sostanza, come invece normalmente succede tra una incarnazione e l’altra), è la sua maturità di forza, che dapprima verrà testata come capacità di dirigere completamente i corpi di espressione, inondandoli della propria vibrazione (tecnicamente definita “appropriazione cosciente”) e riscontrando la fioritura delle qualità, l’armonia fisico-psichica, e solo successivamente a questo stadio di ritmo stabilizzato nel tempo, dove si esaurirà l’esternazione massima possibile dell’espressione dell’anima, potrà riformularsi in archetipi totalmente nuovi, che risponderanno a necessità completamente diverse.
Questo disegno relativo ad una singola coscienza, potrà però attuarsi solo nel momento in cui altre numerose coscienze avranno raggiunto quello stesso stadio; il grande numero (raggiungimento della massa critica) permetterà quindi di cambiare tutto il disegno complessivo. Tutto questo potrà avvenire grazie a coloro che io chiamo “uomini del silenzio”, ovvero persone che riescono a dare la libertà perché la posseggono, riuscendo a non scinderla dall’amore. Questi individui esistono. Sono coloro che zitti, in assenza di clamore e senza far rumore, camminano nella vita come acrobati in punta di piedi. Essi sono capaci di donare se stessi senza che l’oggetto del loro amore lo sappia. Essi travalicando il vecchio modello archetipo, ne creano uno nuovo che non contempla più l’egoismo nel sapere amare, e che è scevro dalle impurità perpetrate nei secoli dalla gelosia, dal possesso, dall’interesse prettamente personale, dal dominio e dalla vanità dell’ego. Costoro, in sostanza, riescono da quel mondo archetipo della coscienza, a partorire un “nuovo modello di Amore”: di vero Amore. Ecco qua il salto spirituale, i prototipi embrionali, le matrici.
Così come per l’amore, il salto qualitativo dovrà poi esserci anche per il resto delle qualità espressive dell’anima, come la saggezza, la libertà, la tolleranza, l’amicizia, l’intelligenza, la creatività, la carità, la misericordia, la civiltà, la correttezza, l’onestà, la giustizia, la prudenza, l’acutezza, la sensitività ed altre ancora. Tutti i vecchi archetipi sporchi e logori dovranno essere sostituiti da quelli nuovi. Questa possibile ricostruzione spirituale è definita “transizione”. E ci vorrà un bel po’ di tempo affinché ciò avvenga.
Soprattutto dovrà instillarsi nelle coscienze il concetto per il quale il cambiamento “puramente” fisico è contrario alla legge di evoluzione, che invece procede tenendo conto che la materia deve assoggettarsi alla volontà spirituale. Ovvero dall’archetipo spirituale alla forma materiale. Ma bisogna anche tener conto del fatto che la forma cambia se è previsto un suo diverso utilizzo. Nell’economia dell’universo il dispiego di forze, energie e materie in nuovi accostamenti, è cioè subordinato alla nuova fruizione, senza spreco.
La nostra vita terreste è legata alla chimica del carbonio ed ha assunto determinate caratteristiche. L’evoluzione ci ha reso un po’ diversi fisicamente rispetto ad un passato lontano. Ma l’errore che si compie quando si parla di evoluzione, è pensare a cosa cambierà nel nostro aspetto fisico, riproponendo continuamente uno schema involutivo e parziale: noi uguale materia, noi uguale forma. Sembra un paradigma perpetuo che non riesce ad uscire né dalla ristrettezza della visione scientifica, che vorrebbe vedere l’agente propulsivo della Vita con apparecchiature materiali, né dalla visione utopistica dell’uomo, che desidera catapultarsi istantaneamente in un mondo nuovo, senza possederne i requisiti. Francamente non è condivisibile né l’uno, né l’altro.
Il primo passo verso la meta futura, deve essere fatto verso “la qualità”. Il quinto regno è qualità dell’anima. La dimensione che dovrebbe accoglierci sarà dapprima qualitativa, e solo successivamente potrà manifestarsi in una fisica diversa. Le regole non si possono invertire. Il corpo denso probabilmente apporterà migliorie per poter accogliere le maggiori qualità espressive, ma saranno cambiamenti marginali. “Non potrà esserci un corpo completamente diverso, se non sarà prima completamente diverso il contenuto spirituale”.
Per un buon raccolto, prima si estirpano le erbacce dal terreno, poi c’è l’aratura, la semina, e solo alla fine c’è il germoglio e poi il frutto. Ora stiamo attraversando la prima fase, dove i mali del dualismo vengono riconosciuti e si tenta di sradicarli: l’ingiustizia, l’egoismo, l’ottusità, la disonestà, l’oppressione sono ormai percepiti dalle coscienze come impossibili da sostenere ulteriormente, e le rivolte dei popoli sono la manifestazione apparente di tale insostenibilità.
Dobbiamo, di conseguenza, aspettarci un lungo periodo di scardinamento, per vedere poi il nuovo germoglio uscire dal terreno e fiorire nelle future generazioni, con la massima magnificenza di espressione e con un residuo minimale di dualità. Chi ci sarà in quel tempo, vedrà l’emergere delle qualità dell’anima che ha ormai trasceso la lotta.
Come cambierà la forma fisica che seguirà alla trasformazione spirituale, alla fine di questo lungo processo di millenni? E’ difficile immaginarlo ed anche un azzardo forse un po’ irriverente. Sostituirsi alla creatività di madre natura, vorrebbe dire attribuirle le nostre poche nozioni, per giunta attinte dal modello attuale, anziché tutte le sue innumerevoli e possibili nuove combinazioni.
Preoccupiamoci, invece, di fare bene quello che siamo chiamati a fare oggi, dalla cosa più semplice a quella più complessa, perché quella semplice è degna del medesimo valore della grande, dal momento che nell’ingranaggio universale, nel tutto emanato, ciò che è piccolo sta al grande in uguale misura, e niente lo differenzia o scredita.
Oggi, sarebbe già molto sostenere l’ideale di quelle nuove coscienze, che cercano di svincolare l’amore dall’egoismo, dalla gelosia e dal perenne ricavo, avendo come massimo punto di riferimento, il Signore Cristo, il quale nell’espressione dell’amore incommensurabile e incondizionato, e nel servizio reso all’umanità, compì la Sua grande immensa Opera.
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