Una Sola Fioritura
di Lorenzo Merlo
Note evolutive o critica dello scientismo.
Il mostro ci ha generati. Nella ruota dell’eternità ci è toccato il genitore illuminista. Di per sé buono, nel senso che rilevava le manchevolezze della storia che l’aveva preceduto, proponeva una nuova modalità di conoscenza, rivelava come realizzarla. Ma la sua purezza d’intenti non ha avuto successo. I suoi emissari hanno fornito pessimi esempi educativi. Ne risulta che tutti noi di quella bontà illuminante ne abbiamo trattenuto un’ombra semplificata, bigotta, che non permette nemmeno più di risalire al messaggio originale.
Così, lo scientismo, ovvero la dogmatica concezione della conoscenza limitata alla scienza analitico-materialista, circola a pieno regime nelle nostre vene e nei nostri pensieri. Con questi, non abbiamo incertezze nello squalificare ciò che si muove e vive su ordini non cartesiani, in dinamiche non aristoteliche, su principi non meccanicistici. Ne è campione il femminismo, insetto nella tela del ragno, impedito a sentire la madre e il potere del femminino. Ma l’elenco oggi a disposizione, per riconoscere la tangente con la quale abbiamo definitivamente lasciato la verità della terra e della vita, è così lungo, che riguarda ogni aspetto della nostra società.
La metastasi scientista è tale che, dall’esperto al profano – categorie che lo scientista scambia per verità definitiva – è ordinario e perfino garantito, constatare nei loro pensieri, e nelle loro azioni, una concezione dell’uomo, dell’altro, del prossimo, alla stregua di entità identiche. Cioè che reagiscono uniformemente agli stimoli, che intendono uniformemente. Da qui l’obbrobrio della legge uguale per tutti, della sacralizzazione della meritocrazia, della venerazione della farmacopea, incoronazione della tecnologia.
La logica, centro nevralgico della dialettica scientista, è quell’ottima prassi per organizzare le cose, ma disastrosa per conoscere gli uomini. Essa crea problemi che non può maneggiare perché l’uomo è infinito e la logica uno sputacchio al suo confronto. Essa impone una conoscenza cognitiva, limitata all’intelletto. Quanto ne esula, semplicemente non conta, quando non esiste del tutto.
Nulla di quanto la logica non può contenere, circoscrivere e descrivere può essere riconosciuto né divenire verità. Non le bastano i suoi paradossi per riconoscere l’offesa che impone quando si erge a sola arma di conoscenza. Non le bastano i suoi dilemmi per riconsiderare il suo delirio di onnipotenza. E neppure le bastano le sue domande esistenziali che tutti si pongono e poi tralascia perché non ne viene a capo, per riconoscere che è il porre la domanda a generare il mistero. Incatenati al dogma che la logica contenga e produca il vero, si possono solo capire le cose. Essa non induce in noi l’idea della ri-creazione, che da sola basterebbe a riconoscere l’effimero del mondo e, contemporaneamente, ciò che è universale.
Basterebbe, per andare oltre la logica, per vederne i limiti, chiedere in che termini un’affermazione è vera e quando diviene falsa. Ma, l’ascolto non è educazione prevista nelle aule del materialismo. Ad esso è preferito il giudizio, le categorie, la classificazione, il buon senso, la maggioranza, la democrazia. Tutte chiusure che interrompono o impediscono la conoscenza, muri tombali in cui ci rinchiudiamo a coltivare il nostro giardinetto. Fate voi.
Così ci tocca la sorte di leggere che “sarebbe opportuno evitare di confondere realtà con percezione della realtà. Altrimenti si rischia di fare come quei due che osservano lo stesso treno che transita davanti alla banchina di una stazione: il primo, che sta sul treno, è pronto a giurare che il treno è assolutamente fermo e la stazione si muove, mentre il secondo, sul marciapiede, afferma esattamente il contrario. E potrebbero convintamente litigare all’infinito”.
Ma come può esistere una realtà senza la nostra presenza, senza la nostra definizione e percezione di essa? In che termini è la realtà, che percezione non é? E di che realtà parliamo senza la percezione di essa? Cioè si vuole che la nostra descrizione sia universale? Un palo in faccia fa male a tutti? No, non è in questo la presunta universalità della realtà. È l’interpretazione del palo in faccia che crea la realtà. Chi se ne assume la responsabilità, la descriverà in un modo estraneo a quello tracciato dalla descrizione di chi la responsabilità la dà ad altro, fuori da sé. E chi cammina sulle braci, potrà dire che il fuoco brucia sempre?
Se non basta ancora a farci sentire ridicoli, possiamo sempre peggiorare il livello. Basta svegliarsi di colpo e dire ho avuto un incubo, al che, quello sul treno dice, ma non è realtà, è un incubo. Ah, le vostre categorie, quelle sì scambiate per una realtà che non esiste, se non in chi la crea.
Ma c’è un livello più profondo nel quale lo scientismo ci ha fatto precipitare. Ci ha reso impossibile vedere che tutto è contiguo e relazionato. Una svista che implica l’autoreferenziale autorizzazione a spezzettare la realtà, nella convinzione di poterla conoscere, a considerarla un oggetto di fronte a noi, nel quale ci muoveremmo, a concepire e giudicare l’altro secondo la nostra morale, a credere che la conoscenza scenda in noi dai sussidiari, dai manuali, dai professori, che essa voli sulle ali della dialettica logico-razionale del linguaggio. Come se ci fosse un ordine perseguibile, e come se l’ordine – occulto a noi stessi – fosse di perseguirlo.
Viviamo letteralmente dentro un calderone culturale di miopia infernale, nel quale non sappiamo fare di meglio che seguitare ad imitare l’esempio del mostro che ci ha generati. Ovvero ad utilizzare qualunque espediente egoistico nella convinzione che ci permetta una buona vita. Eppure, se a causa della forza vitale la lotta per la sopravvivenza fisica non poteva essere elusa, quella successiva, per l’acquisizione dell’abbondanza, ci ha conquistato a mani basse, e ha esaltato in noi la dimensione più bieca. L’opulenza è un valore e guai a chi ce lo tocca. Forse dobbiamo passare da tanto degrado per riappropriarci del suo opposto, quello della frugalità.
Zuccherino dopo zuccherino, ci siamo lasciati condurre da un capitano serpeggiante, verso lidi lussureggianti in cui era facile distrarsi e dimenticare il significato dei vizi capitali. E a chi ce lo faceva presente, non potevamo che sorridere sarcasticamente, ormai ignari e così lontani dal messaggio che implicano, da ritenerci indenni dai rischi di sofferenza che essi annunciano. Roba buona per i bambini e le vecchiette.
Ecco dove ci ha portato il tappeto volante dello scientismo. Ci siamo divertiti a planare sul mondo e non abbiamo voluto vedere dove ci stava conducendo. Ma le cose sono in movimento e mutamento. Sicché, ora che anche la confusione, il nichilismo e la sfiducia circola nei nostri pensieri e nelle nostre vene, al punto da pietrificarci nell’incredulità di ciò cui stiamo assistendo, del futuro in cui stiamo precipitando, del cambio di paradigma che ci stanno imponendo, a qualcuno di noi accade di avvertire e intravedere il canovaccio della grande messa in scena. Un palco dove abbiamo ballato tutti i balli e recitato tutti i ruoli scambiati per vita vera. Siamo uguali, girano in noi le parti, le maschere, le emozioni e i sentimenti. Quanto diciamo al prossimo, è quanto toccherà a noi dalla bocca di un altro. Quanto vivremo noi, è vissuto da tutti nei loro tempi e nei loro modi.
Quindi, chi si avvede che avevamo circoscritto il mondo al palco di un inconsapevole teatrino, esauriti in recite farsesche, mossi dai fili di valori falsi, in quanto autoreferenziali, inizia anche a riconoscere che in nome della cosiddetta scienza e della – sua – conoscenza, ci siamo così tanto allontanati dalla nostra origine, da crederci indipendenti e autonomi. Da farci pensare che eravamo i possessori di noi stessi e che i nostri figli, fossero davvero nostri. Da farci credere che non ci serviva altro oltre a noi stessi. Da negarci la consapevolezza che siamo espressioni di una sola fioritura.
Così stiamo qui. Il sogno resta sogno. La serenità, la bellezza, la gratitudine, la miglior salute restano ai margini, optional occasionali, nonostante sia nel nostro potere creativo fargli prendere il posto del conflitto e della sofferenza.
Articolo di Lorenzo Merlo
Fonte: fisicaquantistica.it
Libri di Lorenzo Merlo:
Sul fondo del barile
Primiceri Editore, Ottobre 2018
Un libro forse solitario che prova a fare il punto sulla situazione attuale, sul sincretismo tra Tradizione e Scienza quantistica, per sostenere come la via verso consapevolezza si stia facendo strada nella cultura occidentale un tempo solo materialistica. E per fare presente che anche in un momento di degrado generale possiamo trovare la linfa per compiere un passo verso ciò che i buddhisti chiamano liberazione dal ciclo delle reincarnazioni. Ovvero un passo evolutivo per avvicinarci alla realizzazione di sé e perciò di una società più corrispondente a quella che tutti abbiamo in mente.
Senza dire Io
Vivere, parlare, pensare Senza dire Io – Interviste a uomini come noi
Postfazione Paolo Lissoni – Primiceri Editore, Marzo 2021
Il libro si compone di due interviste a Paolo D´Arpini e Marco Baston, nonchè della Postfazione di Paolo Lissoni. Tre uomini per altrettante ricerche umanistiche di forma fortemente diversa tra loro, ma di sostanza identica, in quanto relativa all´evoluzione individuale/sociale.
AFGHANISTAN
Fede cuore ragione.
Victoryproject book, Milano, 2011
È un libro fotografico. Dedicato soprattutto ai sentimenti. Storie di persone che l'empatia sa riconoscere da ogni sguardo.
È un libro pieno di domande. La verità della fotografia fino a quando non mente? Che accadrà dopo il 2014, la data della ritirata della forza internazionale? Quanto il movimento talebano ha interessi internazionali? La natura dell'islam può essere avvicinata da un miscredente? Sono esistiti progetti di comunicazione per promuovere la centralità dello Stato? C'è qualcosa che possiamo sapere oggi, ad anni di distanza dai fatti, sui sequestri Torsello e Mastrogiacomo? Un mea culpa occidentale avrebbe un peso geopolitico? La democrazia è un valore da affermare con la forza? C'è un'unica realtà o ce ne è una di rubik dove ognuno ha diritto al lato che lo rappresenta? La guerra è un fatto in mano alle lobby o può vantare significati umanitari? Pulizia etnica e razzismo pasthun sono un delirio hazarà o corrispondono a dati di fatto? Quanto un fotografo sa di provocare una realtà piuttosto che un'altra spostando anche di poco il rettangolo dello scatto?
Essere Terra
Viaggio verso l’Afghanistan
Prospero editore, Milano, 2019
Un viaggio verso l’Afghanistan. “Verso”, perché non era possibile essere certi di arrivarci, entrarci, percorrerlo e uscirne: dal 1979, anno dell’invasione sovietica e inizio delle guerre tuttora in corso, pochi o nessuno avevano pensato e realizzato l’idea di raggiungere Kabul in solitaria, guidando un mezzo personale e attraversando Balcani, Turchia e Iran. Essere Terra non è solo un libro di viaggio. Oltre allo scorrere di descrizioni di uomini e paesaggi, caratteri e convenzioni, Merlo segue le tracce di Annemarie Schwarzenbach, Ella Maillart e Nicolas Bouvier attraverso le loro opere, scritte lungo la stessa “central route” percorsa in questo libro. Così l’autore ha voluto celebrare quei pionieri “così utili per comprendere l’Europa e l’Asia, così attuali da far impallidire i diplomatici di oggi” con una narrazione ricca di senso critico, considerazioni e riflessioni di carattere storico e sociologico.
Essere Terra
Un viaggio di ricerca
Prospero editore, Milano, 2020
Degustare è la parola. Degustare apre a evocazioni ed emozioni a cui la voracità del consumo non ha accesso. Essere Terra – un viaggio di ricerca richiede al lettore il desiderio di degustare. Molti segreti lo richiedono per emergere dal fondo melmoso dei luoghi comuni, per raggiungere la superficie dell’evidenza e strabiliare nuovamente la normalità del quotidiano. Solo degustando si sale in macchina con l’autore, solo allora i paesaggi si ricompongono. Dal 1979, anno dell’invasione sovietica e inizio delle guerre tuttora in corso, pochi o nessuno avevano pensato e realizzato l’idea di raggiungere Kabul in solitaria, ma Essere Terra non è solo un libro di viaggio. Oltre allo scorrere di descrizioni di uomini e paesaggi, caratteri e convenzioni, Merlo segue le tracce di Annemarie Schwarzenbach, Ella Maillart e Nicolas Bouvier attraverso le loro opere, scritte lungo la stessa “central route”.
Commenti
Una Sola Fioritura — Nessun commento