Smartphones, social e tutto il resto: la fine dell’umanità così come è sempre stata
di Andrea Bizzocchi
Ho sempre avuto una istintiva repulsione, o come minimo diffidenza, nei confronti della tecnologia.
Ovviamente la tecnologia presenta, come qualunque altra cosa al mondo, una commistione di caratteri sia negativi che positivi. Ma al di là del fatto che gli oggetti tecnologici in sé possano essere più o meno utili, ciò che è saliente dire, è che questi sono il prodotto di un certo tipo di mentalità e di una certa “visione della vita”.
Certi popoli indigeni non si sono mai sviluppati da un punto di vista tecnico-tecnologico, non perché non abbiano o non avessero in passato sufficienti capacità intellettive, ma semplicemente perché l’idea di progresso/sviluppo è/era del tutto alieno ad una mentalità che vive/viveva “nel tempo” (e non del tempo) e nel “Tutto” (generalizzando, l’unione simbiotica con la Natura e il cosmo, la capacità di immedesimarsi in un animale, in una foglia che cade, in un fiume che scorre, ecc.). Più semplicemente questi popoli non hanno mai avuto smanie di “progresso” di alcun genere (tanto meno tecnologico), perché stavano bene così come stavano. A differenza nostra, che ci “agitiamo” a progredire e svilupparci, proprio perché non stiamo bene…