Ritrovare “chi non c’è più”
Dott.ssa Carla Sale Musio
Quando muore qualcuno che amiamo, il dolore ci sommerge.
In quei momenti, l’idea che la morte sia la fine di tutto prevale su qualunque altra considerazione, e la sofferenza per la perdita fisica annichilisce ogni altra nuova esperienza. Invece, è proprio allora che bisogna prestare attenzione alle percezioni del cuore, senza lasciarsi travolgere dai vissuti della separazione e della mancanza.
In una zona della nostra consapevolezza, la presenza delle persone che amiamo rimane sempre identica a se stessa, e possiamo percepirla con la stessa chiarezza di quando queste avevano un corpo. Ecco perché è così difficile “rendersi conto” della morte e accettare che le persone che sono state importanti per noi improvvisamente non ci siano più.
Capita spesso che chi ha subito un lutto si ritrovi a ripetere tra sé: “Non mi sembra possibile…”, “Non riesco a crederci…”. Queste affermazioni indicano quanto la presenza delle persone care rimanga invariata, anche dopo la perdita del corpo. Purtroppo, una cultura della morte, macabra e funerea, ci spinge a non prestare ascolto alle sensazioni del cuore. “Non c’è più…” ripetiamo sconsolati, chiudendo la porta alla possibilità di ritrovare i nostri cari in uno spazio interiore, nuovo e privo di fisicità. In questo modo, però, precludiamo a noi stessi la possibilità di far crescere il legame e di continuare a sperimentare ancora la presenza delle persone cui abbiamo voluto bene.
La morte è un’esperienza che, privandoci di ogni riferimento concreto, ci costringe a prendere atto dell’immaterialità della nostra vita. La concretezza, infatti, costituisce solo una piccola parte di ciò che è vero. La maggior parte della realtà che viviamo non è tangibile e compete al cuore. Il nostro stesso benessere psicologico riguarda l’immaterialità. Pensieri e stati d’animo sono impalpabili, ma generano la salute e la sofferenza mentale da cui dipende la qualità della nostra vita. La felicità, la serenità e l’armonia sono percezioni interiori e hanno ben poco a che fare con la concretezza.
Quando muore qualcuno che amiamo, la perdita fisica si sovrappone alla percezione della sua presenza immateriale, impedendone l’ascolto e l’incontro. Per superare, quindi, un rigido schema materialistico che nega qualsiasi contatto con chi è privo di un corpo, bisogna lasciare che sia il cuore a guidare le esperienze che ci permettono di ritrovare i nostri cari. Anche dopo la morte del loro corpo fisico.
La difficoltà sta nel gestire la percezione della loro mancanza fisica e nel muoversi nel mondo impalpabile della coscienza. Quando riusciamo a stabilire un contatto, chi non c’è più si presenta utilizzando i ricordi. I ricordi sono come un avatar, un’icona che rende riconoscibile chi non ha più un corpo a chi il corpo ce l’ha ancora, un modo per farsi riconoscere. Ma non appena compaiono i ricordi ad annunciare la presenza di coloro che amiamo e che stiamo cercando, ecco che la mancanza fisica prevale e ci sommerge di dolore… ostacolando in questo modo qualunque possibilità di dialogo!
La sofferenza ci impedisce di ascoltare le impalpabili percezioni interiori. É come un rumore di fondo che sovrasta la melodia dell’incontro. Per entrare in rapporto con chi non ha più un corpo, bisogna allora comprendere che i ricordi indicano la sua presenza. E opportuno allora lasciarsi attraversare da quei flashback senza scivolare nel dolore provocato dalla mancanza fisica. Se ci si abbandona al processo naturale del ricongiungimento, i ricordi e l’attuale presenza incorporea si fondono in un’unicità che ci comprende fino a diventare un tutt’uno.
Il cuore usa una sua modalità percettiva, che è soggettiva e funziona grazie alle competenze dell’emisfero destro del cervello. Non ci sono più un io, un tu e uno scorrere del tempo, fatto di “prima e dopo”. C’è un’unione presente senza tempo che coinvolge. Questa è la modalità del cuore di sperimentare la realtà (tutti gli innamorati lo sanno!). Ma di solito… La mente non lo sopporta. La logica si ribella. E l’incontro… sfugge via!
Per riuscire, dunque, a mantenere il contatto interiore bisogna accettare che la logica si smarrisca, senza spaventarsi e senza reprimere il processo. Quando la mente lascia che sia il cuore a guidarla, si accede a una diversa consapevolezza e il legame con chi abbiamo amato ci conduce spontaneamente a ritrovarci nelle dimensioni interiori.
Nello spazio del cuore sono possibili gli incontri e le comunicazioni. Per arrivarci bisogna però abituarsi alla rarefazione della fisicità e della materialità. E soprattutto è necessario permettersi di rinunciare all’oggettività. Il cuore utilizza solo la coscienza soggettiva. Le esperienze emotive sono sempre individuali, e sono possibili solamente così. Questo non vuole dire che ce le siamo inventate. Vuol solo dire che non sono ripetibili. Sono uniche. Nessun legame è uguale a un altro. Ogni unione è diversa e speciale. Ogni esperienza del cuore si esprime con modi propri.
Il cuore non è normale. É vero.
Articolo della Dott.ssa Carla Sale Musio
Sito web dell’autrice: http://carlasalemusio.blog.tiscali.it
Fonte: http://carlasalemusio.blog.tiscali.it/2015/05/02/ritrovare-chi-non-ce-piu/
Trovo interessante e giusto l articolo ma manca il modo pratico x poter metterlo in atto . Ci sono tecniche x poterlo fare?
Questo articolo sono pienamente d accordo con quello che dice io ho da poco perso mia madre e spesso mi ritrovo a parlare con lei anche se all inizio non trovavo un modo per comunicare pian piano ho aperto il mio cuore e l ho sentita più viva che mai ora che il mio dolore ha lasciato spazio alla serenità posso veramente affermare che mia madre non è mai andata via ero solo io ad allontanarla da me con la disperazione di averla persa
per rispondere a Roberto, potrei suggerirgli di utilizzare la linea del tempo, che vale per noi per modificare il nostro passato o come anticipazione di un sogno futuro, allo stesso modo scorriamo nel tempo e faccio presente ciò che vogliamo. solo così ci rendiamo conto anche come riviviamo le nostre esperienze sepolte…
Quanto tempo fa hai perso tua madre? Io da 3 mesi e, da allora, la mia vita è cambiata, sembra non avere più origini, mi sento sola,anche se ho un marito ed un figlio di pochi mesi, sembra che stia vivendo una nuova vita..anzi sopravvivendo…è una brutta sensazione.
Antonella ho perso mia madre cinque mesi fa anche io ho un marito è una figlia ma essendo figlia unica ed avendo perso mio padre cinque anni fa a causa di un pazzo che l ha investito senza neanche soccorrerlo ora sono rimasta senza un punto di riferimento comunque ti posso assicurare che loro mi sono sempre accanto e mi proteggono spero che anche tu possa presto superare questo momento devastante
Anche io, come te, non ho più punto di riferimento, mi sento senza fondamenta. Mio padre l’ho perso quando avevo 2 anni! Io, invece, ho tanta tristezza, rabbia, vuoto infinito.Vorrei tanto credere in Qualcuno al di sopra di noi, che i nostri cari siano vicini a noi e ci guardino, tu credi nell’aldilà? Nel mio primo msg scritto gg fa ho raccontato alcune cose particolari (se vuoi, leggile e dimmi cosa ne pensi), anche se io, come ho già detto, non credo.. Come hai ritrovato la tua serenità?
Antonella io fino a qualche anno fa ero molto dubbiosa sull esistenza di un aldila’ ma quando mio padre mi ha (parlato) mentalmente mettendomi in guardia sulla salute di mio marito mi ha aiutato a salvargli la vita è da allora io lo sento molto vicino a me sempre pronto a proteggermi col calore del suo amore anche se fisicamente non c e’ più
Prova anche tu a parlare con i tuoi cari e pian piano vedrai che loro ti manderanno un segno loro ti amano infinitamente e non vogliono vederti soffrire
Molto interessante questo articolo.Ho perso mia madre circa un mese fa, dopo un anno in cui ho subito un licenziamento dopo 15 anni per motivi economici, ho perso mia suocera ,, ho scoperto di essere stata colpita da un linfoma non hodkin con le relative immunochemioterapia.Insomma un lutto dopo un altro.Mi riesce però difficile capire come fare.Anche se è un buon incipit.Amo molto il vostro sito.