La Città Sorgerà su Tre Colonne…
di Marcello Veneziani
Le metropoli, diceva Eugenio Montale, sono abitate da milioni d’eremiti.
Penso che oggi la stessa cosa possa dirsi anche di città più piccole, perfino paesini. L’isolamento individuale è il tratto distintivo e universale dell’abitare odierno; non la solitudine, che può essere una scelta e perfino una beatitudine (Beata solitudo, sola beatitudo), ma l’isolamento, che è la perdita del mondo, il venir meno dei legami e dei rapporti comunitari. Lo sottolineava Hannah Arendt.
Collegati col mondo, tramite il web ma sconnessi dai vicini e circostanti: viviamo da remoto, assenti nella prossimità. E poi famiglie sempre più ristrette, addirittura mononucleari (una contraddizione in termini). I mezzi di comunicazione ci fanno compagnia in solitudine e ci rendono soli in compagnia.
Descrivendo Scontentopoli, la città popolata dagli insoddisfatti, nel mio saggio dedicato agli Scontenti (“Scontenti” – Marsilio, 2022) ho sottolineato tre fattori come cause principali dell’alienazione urbana: la prevalenza del brutto nel nome della funzionalità abitativa; la tirannia del profitto nel nome della commercializzazione totalitaria; l’invasione dei clandestini e degli homeless che rendono estranei luoghi un tempo avvertiti come nostrani, familiari.
I luoghi alienanti, e ancor più i non-luoghi, per citare Marc Augé, incattiviscono i loro abitanti. L’uomo non esiste solo nella dimensione individuale, ma è sempre inserito in un contesto vitale: “io sono io e la mia circostanza”, diceva Ortega y Gasset. Se vivi nel brutto, nel degrado, nell’informe, o dentro un ipermercato globale, finisci col detestare la città, ritenerla ostile, invasiva e minacciosa. La vivi in cagnesco e la patisci di conseguenza. E la casa diventa la sua antitesi, il riparo dalla città.
L’avvenire della città, a mio parere, è collegato alla ripresa di tre fattori di segno opposto rispetto ai precedenti: la riscoperta della dimensione civica, conviviale, comunitaria della città e del borgo; il recupero armonioso del bello in tutte le sue forme possibili; e infine, tema ancora più delicato e arduo: la riscoperta di un cuore sacro intorno a cui vive un borgo, un quartiere, una città.
Sono tre fattori che comportano tre rivoluzioni, o meglio una Rivoluzione che le comprende armoniosamente tutte e tre, anche perché ci sono nessi evidenti tra la bellezza e il sacro, la comunità e il sacro, la bellezza e la comunità. La storia passata affidava il sacro agli edifici religiosi, la cattedrale, le chiese, ma a volte solenni erano anche gli edifici di uso civico, militare o dedicati alla memoria storica dei grandi e degli eroi. Poi affidava la bellezza soprattutto alle piante, ai fiori, ai giardini, oltre che al lindore delle strade e dei muri, alla vivibilità dei suoi quartieri e dei suoi angoli. E affidava la comunità ai luoghi preminenti di socializzazione, la parrocchia o il duomo, le associazioni lavoristiche o dopolavoristiche, i movimenti, i sindacati e i partiti, i circoli e le sale d’intrattenimento, teatri e cinema inclusi.
Si tratta di ripensare queste dimensioni vitali nel nostro presente, di ritrovarle dopo il web, dopo le chiusure (aggravate dalla ‘pandemia’), oltre i muri invisibili che ci impediscono di vivere la comunità, la bellezza e il sacro.
Impossibile pensare alla polis senza la dimensione politica che ne determina le condizioni e i piani; ma è impensabile una nuova politica senza un pensiero, una visione e una visuale che ne allarghino il campo e ne allunghino lo sguardo. Non potendo immaginare la tabula rasa, ma dovendo ripartire dalla realtà e da quel che è già nella realtà, con tutte le sue imperfezioni, si tratta di ritrovare una nuova luce e un nuovo sguardo alle cose, dopo averle riformate, ristrutturate, rimodulate per quel che è possibile. Ma la rivoluzione è culturale prima che urbanistica, esistenziale prima che architettonica, spirituale prima che ingegneristica.
Non si tratta di cercare la Città Ideale, che si perde nei cieli dell’Utopia, ma la Civitas Hominis a misura storica, che abita la realtà con la mente del mito e usa la creatività per risvegliare la tradizione. Città è la casa comune a cielo aperto, di noi concittadini e consorti.
Articolo di Marcello Veneziani (da Abitacolo, rivista di estetica e cultura della città, gen.2025)
Fonte: https://www.marcelloveneziani.com/articoli/la-citta-sorgera-su-tre-colonne/
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