La Condanna
di Lorenzo Merlo
Dal sangue alla bellezza.
Così come siamo “condannati” a vedere il mondo dalla postura eretta, ad afferrare con le dita, lo siamo anche a essere con ed entro il pensiero, i sentimenti, le emozioni e concezioni.
Così come la postura eretta e le dita non ci lasciano alternative se non in un risibile esercizio virtuoso, ugualmente vale per il pensiero, senza esso e i suoi autobiografici contenuti non siamo noi.
È pur vero, anche, che un nano o un uomo basso, uno particolarmente alto, o un altro senza dita, vivrà e descriverà il mondo in modo differente dai più comuni individui di media statura e forniti di estremità compiute. Ciò non sottrae valore al principio della condanna, semmai lo esalta.
La condanna è una sorta di canale, di alveo, il cui contenuto, e ciò che vi galleggia o viene trascinato, è destinato a rispettare e/o a subire le circostanze che l’andamento del canale stesso gli impone.
È facile riconoscere in noi stessi il funambolo in equilibrio sul filo rosso che marca la nostra vita. Perderlo, cadere, è morire. Affinché ciò non accada, siamo disposti a infrangere le norme e a tradire noi stessi. La sola alternativa è accettare, assorbire gli urti che altrimenti ci butterebbero giù.
Quanto detto voleva tratteggiare la figura della condanna che, come una veste, sempre ci contiene e, come un copione, sempre ci impone un ruolo.
Si tratta di un’osservazione di grana grossa, disponibile a chiunque si trovi motivato a vedere cosa cela la nebbia delle apparenze.
Nell’oscurità della mondanità sono depositati e occultati tutti i segreti della vita. Quando il buio si infittisce, le prospettive rivelatrici, più sottili o effimere in quanto fuggevoli, ancora più facilmente restano lontane dalle vibrisse della consapevolezza.
Accade, allora, che la loro potenziale e implicita illuminazione esistenziale resti immobile come il chicco di acacia in attesa della pioggia sahariana.
Uno dei semi più insoliti a radicarsi in noi, corrisponde a fiori per lo più mai visti, la cui fragranza non è purtroppo nota alla maggioranza, la cui bellezza ci ferma il respiro e i pensieri, la cui forza muta il corso degli alvei, spegne l’araldo egoico dell’interesse personale e degli sterili saperi di superficie, accende di conoscenza il filo rosso della biografia, e ci sospinge al grande mare della conoscenza.
È il seme che ci dischiude la condanna della dimensione logico-razionale del linguaggio, con cui crediamo di poter indagare, trovare e descrivere la verità della realtà, del prossimo, del mondo, di tutto. Di noi stessi e per di più credendoci, un po’ come riconoscere le facce nelle nuvole, senza la consapevolezza che si tratta di un momento soltanto.
Osservare come la scatola logico-razionale – in cui abbiamo dogmaticamente rinchiuso l’infinito che non sappiamo di essere – ci imponga e determini in noi una concezione esistenziale in essa esaurita, diviene necessario per riconoscere in che termini il criterio di conoscenza logico-razionale, più che essere supremo, come il pensiero scientista sostiene e vanta, sia risibile, solo uno dei più, e tra questi il più superficiale e banale.
Esso è, infatti, assai efficiente entro il piatto mondo euclideo e cartesiano dove tutto è misurabile e dove solo il misurabile ha dignità di verità, realtà, esistenza e conoscenza. Tuttavia, perde il suo potere nel momento in cui cadiamo nella consapevolezza che la dimensione meccanicista non si presta a descrivere il mondo e l’uomo, ma solo alcune circostanze di essi, svelandoci così le forze che agiscono e di cui siamo costituiti, che non possono stare sui vetrini dei laboratori, che non si rivelano con il tornasole.
Emancipati dalle prepotenze dei saperi cognitivi, dall’indagine analitica della realtà, ci si trova, allora, sulla soglia della conoscenza evolutiva, la sola utile alla creazione di una storia che possa sostituire il sangue con la bellezza.
Articolo di Lorenzo Merlo
Fonte: www.fisicaquantistica.it
Libri di Lorenzo Merlo:
Sul fondo del barile
Primiceri Editore, Ottobre 2018
Un libro forse solitario che prova a fare il punto sulla situazione attuale, sul sincretismo tra Tradizione e Scienza quantistica, per sostenere come la via verso consapevolezza si stia facendo strada nella cultura occidentale un tempo solo materialistica. E per fare presente che anche in un momento di degrado generale possiamo trovare la linfa per compiere un passo verso ciò che i buddhisti chiamano liberazione dal ciclo delle reincarnazioni. Ovvero un passo evolutivo per avvicinarci alla realizzazione di sé e perciò di una società più corrispondente a quella che tutti abbiamo in mente.
Senza dire Io
Vivere, parlare, pensare Senza dire Io – Interviste a uomini come noi
Postfazione Paolo Lissoni – Primiceri Editore, Marzo 2021
Il libro si compone di due interviste a Paolo D´Arpini e Marco Baston, nonchè della Postfazione di Paolo Lissoni. Tre uomini per altrettante ricerche umanistiche di forma fortemente diversa tra loro, ma di sostanza identica, in quanto relativa all´evoluzione individuale/sociale.
AFGHANISTAN
Fede cuore ragione.
Victoryproject book, Milano, 2011
È un libro fotografico. Dedicato soprattutto ai sentimenti. Storie di persone che l'empatia sa riconoscere da ogni sguardo.
È un libro pieno di domande. La verità della fotografia fino a quando non mente? Che accadrà dopo il 2014, la data della ritirata della forza internazionale? Quanto il movimento talebano ha interessi internazionali? La natura dell'islam può essere avvicinata da un miscredente? Sono esistiti progetti di comunicazione per promuovere la centralità dello Stato? C'è qualcosa che possiamo sapere oggi, ad anni di distanza dai fatti, sui sequestri Torsello e Mastrogiacomo? Un mea culpa occidentale avrebbe un peso geopolitico? La democrazia è un valore da affermare con la forza? C'è un'unica realtà o ce ne è una di rubik dove ognuno ha diritto al lato che lo rappresenta? La guerra è un fatto in mano alle lobby o può vantare significati umanitari? Pulizia etnica e razzismo pasthun sono un delirio hazarà o corrispondono a dati di fatto? Quanto un fotografo sa di provocare una realtà piuttosto che un'altra spostando anche di poco il rettangolo dello scatto?
Essere Terra
Viaggio verso l’Afghanistan
Prospero editore, Milano, 2019
Un viaggio verso l’Afghanistan. “Verso”, perché non era possibile essere certi di arrivarci, entrarci, percorrerlo e uscirne: dal 1979, anno dell’invasione sovietica e inizio delle guerre tuttora in corso, pochi o nessuno avevano pensato e realizzato l’idea di raggiungere Kabul in solitaria, guidando un mezzo personale e attraversando Balcani, Turchia e Iran. Essere Terra non è solo un libro di viaggio. Oltre allo scorrere di descrizioni di uomini e paesaggi, caratteri e convenzioni, Merlo segue le tracce di Annemarie Schwarzenbach, Ella Maillart e Nicolas Bouvier attraverso le loro opere, scritte lungo la stessa “central route” percorsa in questo libro. Così l’autore ha voluto celebrare quei pionieri “così utili per comprendere l’Europa e l’Asia, così attuali da far impallidire i diplomatici di oggi” con una narrazione ricca di senso critico, considerazioni e riflessioni di carattere storico e sociologico.

Essere Terra
Un viaggio di ricerca
Prospero editore, Milano, 2020
Degustare è la parola. Degustare apre a evocazioni ed emozioni a cui la voracità del consumo non ha accesso. Essere Terra – un viaggio di ricerca richiede al lettore il desiderio di degustare. Molti segreti lo richiedono per emergere dal fondo melmoso dei luoghi comuni, per raggiungere la superficie dell’evidenza e strabiliare nuovamente la normalità del quotidiano. Solo degustando si sale in macchina con l’autore, solo allora i paesaggi si ricompongono. Dal 1979, anno dell’invasione sovietica e inizio delle guerre tuttora in corso, pochi o nessuno avevano pensato e realizzato l’idea di raggiungere Kabul in solitaria, ma Essere Terra non è solo un libro di viaggio. Oltre allo scorrere di descrizioni di uomini e paesaggi, caratteri e convenzioni, Merlo segue le tracce di Annemarie Schwarzenbach, Ella Maillart e Nicolas Bouvier attraverso le loro opere, scritte lungo la stessa “central route”.
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