Il Giornalismo? Il Male dei Nostri Tempi (Riflessione di Gurdjieff)
di Ivan Petruzzi (Tragicomico.it)
Come possiamo definire oggi il Giornalismo? Ovvero quell’insieme di attività votate a fornire e commentare notizie, cronache e informazioni in maniera costante attraverso i mass-media?
Forse dovremmo scomodare un qualche sociologo o massmediologo della tarda modernità per trovare una definizione congrua a ciò che oggi percepiamo e riceviamo attraverso il giornalismo. Chi scrive, però, per incentivare una valida riflessione specchio dei tempi moderni, preferisce riprendere un brano scritto negli anni ’20, ma di un’attualità disarmante – talmente attuale che potrebbe essere scritto oggi – tratto dal libro “Incontri con uomini straordinari“. Un libro scritto da George Gurdjieff, personaggio fuori dal comune, di origine greco-armena, maestro di vita, filosofo, santone, mistico e maestro di danze. Gurdjieff iniziò a lavorare sul manoscritto russo nel 1927, ma la prima pubblicazione avvenne postuma, nel 1960. Esiste anche una trasposizione cinematografica realizzata nel 1978 da Peter Brook, suo discepolo.
Perché ho voluto scegliere questo breve estratto per dare un volto al giornalismo moderno? Perché, oltre ad apparire attualissimo, a mio avviso mette in forte risalto quella profonda crisi che ha colpito la trasmissione del sapere, in ogni ambito: da quello scientifico a quello religioso, dalla filosofia alla psicologia, tutto è stato ridotto ai minimi termini. Il giornalismo, questa nuova forma di letteratura che comparve per la prima volta in massa proprio negli anni in cui Gurdjieff scriveva, apparve sin da subito al filosofo armeno come un’atrofia dello spirito umano.
Ecco cosa scrive nel suo libro “Incontri con uomini straordinari”: “Le esigenze della civiltà contemporanea hanno generato un’altra forma molto specifica di letteratura, che viene chiamata giornalismo. Non posso passare sotto silenzio questa nuova forma letteraria, perché, a parte il fatto che non porta assolutamente nulla di buono per lo sviluppo dell’intelligenza, essa è diventata, a mio avviso, il male dei nostri tempi, nel senso che esercita un’influenza funesta sui rapporti umani.
Questo genere di letteratura si è molto diffuso negli ultimi tempi perché — ne sono fermamente convinto — esso corrisponde meglio di ogni altro alle debolezze e alle esigenze determinate negli uomini dalla loro crescente mancanza di volontà. Finisce così per atrofizzare la loro ultima possibilità di acquisire i dati che permettevano loro, finora, di prendere più o meno cura della loro reale individualità – unico mezzo per raggiungere il ricordo di sé, fattore assolutamente indispensabile per il processo di perfezionamento di sé.
Inoltre, questa letteratura quotidiana, priva di princìpi, isola completamente il pensiero degli uomini dalla loro individualità, di modo che la coscienza morale, che di tanto in tanto ancora appariva in loro, adesso ha cessato di partecipare al loro pensiero. E sono ormai privati dei dati che fino a quel momento avevano assicurato loro un’esistenza più o meno sopportabile, non fosse che nel campo dei rapporti personali.
Per sfortuna di noi tutti, questo genere di letteratura, che invade ogni anno di più la vita quotidiana degli uomini, fa subire alla loro intelligenza, già molto indebolita, un indebolimento ulteriore, consegnandola inerme a ogni genere di inganni e di errori; essa li mette fuori strada a ogni passo, li distoglie da qualsiasi modo di pensare più o meno fondato e, invece di un giudizio sano, stimola e fissa in loro alcune tendenze indegne, quali: incredulità, ribellione, paura, falso pudore, dissimulazione, orgoglio, e così via.
[…] Per me, non v’è alcun dubbio: fra tutte le anomalie esistenti nella civiltà contemporanea la più evidente, quella che occupa il posto predominante, è proprio questa letteratura giornalistica, per l’azione demoralizzante e perniciosa che esercita sullo psichismo degli uomini.”
Un giornalismo che atrofizza lo spirito e la coscienza umana. È questo il senso delle parole di Gurdjieff che arriva a definire il giornalismo stesso come il male dei nostri tempi. Certo, è una definizione che appartiene alla fine degli anni ’20, ma… siamo proprio sicuri che nel frattempo il giornalismo si sia evoluto? E con esso, tutta la conoscenza che viene trasmessa?
Perché, se riflettiamo, ci accorgiamo di come un tempo c’erano molte più lingue parlate e conosciute, l’arte toccava vette altissime e lo stesso valeva per la musica e l’architettura, esistevano le tradizioni, il folklore, la fantasia dava vita a poesie, fiabe, filastrocche e si poteva disporre di una vasta conoscenza esoterica e spirituale. La cultura era l’insieme del sapere delle varie classi sociali, non veniva imposta dall’alto, il giornalismo nemmeno esisteva. Non c’erano mezzi di comunicazione, tutto veniva trasmesso e insegnato da uomo a uomo.
Mentre oggi ci troviamo di fronte ad un processo di “colonizzazione spirituale”, un processo di colonizzazione dell’immaginario che nell’insieme delle sue differenze era una delle forze dell’umanità, e che ora viene uniformato, omologato, omogeneizzato, reso ai minimi termini. Una “generica cultura planetaria che vorrebbe mangiare cinese, parlare inglese, vestire italiano e pensare americano”, come la definirebbe Pasolini. Quindi, dov’è finita la trasmissione del sapere? Cosa sta succedendo oggi? È tutta colpa del giornalismo? Assolutamente no e ci tengo a sottolineare di come vi siano giornalisti eccellenti che si fanno portavoce di una verità che molti altri tendono ad insabbiare.
Però, succede che siamo “malati” da troppa e cattiva informazione. Viviamo bombardati dai messaggi, dalle notizie, subiamo una sovrainformazione imponente, la cosiddetta “information overload”, abbinata ad una massiccia dose di disinformazione, che causa una forte riduzione delle funzioni cognitive nella gran parte degli esseri umani, che vengono così assoggettati ad un “lavaggio del cervello” garantito.
La rapida successione delle nuove informazioni a cui siamo sottoposti quotidianamente, presentate in maniera breve, subdola e slegate fra loro, producono un effetto molto diffuso al giorno d’oggi: lo stress da sovrainformazione e disinformazione. In altre parole, il nostro cervello va letteralmente in tilt. E insieme ad esso, anche la nostra coscienza si assopisce mentre lo spirito si atrofizza.
Ormai da decenni, il bombardamento mediatico ha dato vita a degli esseri viventi che mentalmente sono programmati per essere pecore da macello, ignoranti nel vero senso letterale del termine. Del resto, dopo una giornata di lavoro trascorsa in schiavitù, nessuno ha voglia di informarsi, di conoscere, di sapere. Troppo stanchi e svogliati per aprire un libro, o per confrontarsi con chi ne sa più di loro. Poi ci sono le mille distrazioni a cui dedicare il tempo esiguo rimasto. È in questo frangente che interviene il giornalismo, con il suo intrattenimento a buon mercato. Sono “loro” a pensare per “te”, e tu non dovrai fare altro che ripetere il loro “pensiero”.
In fin dei conti, Gurdjieff non aveva poi tanto torto. “Siamo talmente condizionati dai dettami della società che ci siamo dimenticati di avere un cervello. Siamo il popolo dei post condivisi e dei retweet, delle image quote e delle citazioni. Affidiamo i nostri pensieri alle parole altrui perché non sappiamo più crearne di nostri, o non ne abbiamo il tempo, che alla fine è la stessa cosa, perché a forza di non usarli i muscoli si atrofizzano, a forza di non alimentarli i talenti muoiono“. (Dal mio libro: “Schiavi del Tempo”).
Articolo di Ivan Petruzzi, autore di “Schiavi del Tempo” – sito web: Tragicomico.it
Fonte: https://www.tragicomico.it/giornalismo-male-dei-nostri-tempi-gurdjieff/
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