L’Arte della Concentrazione
di Fabio Bucca
In quanti siamo disposti ad accettare il fatto che essendo nati in mezzo alla distrazione, cresciuti in mezzo alla distrazione e continuando a vivere in mezzo alla distrazione, siamo dei veri e propri guru della mancanza di concentrazione?
Quante volte, con il cellulare in mano, sottolineiamo il fatto che gli smartphone hanno creato intorno a noi una vita fatta di notifiche da inseguire, di messaggi ai quali rispondere e di aggiornamenti da recepire al nanosecondo e di schermi ipnotizzanti? Siamo immersi nella distrazione quasi in ogni momento della giornata, cercando poi di recuperare le fila del compito, lavoro o azione che stiamo svolgendo, e lo facciamo innumerevoli volte.
Il Subconscio inserisce il pilota automatico e ci fa volare via dal nostro focus, fare voli pindarici, aprire mentalmente mille parentesi e poi rientrare sulle macerie della focalizzazione iniziale per riprendere dove pensavamo di essere. E poi, si vola ancora via di nuovo… Non è una semplice riflessione sulla necessità di essere “efficienti” in nome del mito della produttività contemporanea, ma un invito ad essere più in sintonia con il proprio sé e ascoltare le proprie frequenze emesse.
Partiamo da uno dei fondamenti, forse il postulato più importante in assoluto, che alcune culture di meditazione come la Meditazione Saivite sottolineano, e cioè che imparare a concentrarsi è il principio di ogni cosa. Punto. Il resto arriva dopo. Non importa età, estrazione sociale, livello culturale, professione, ognuno di noi può e deve allenare la propria concentrazione e imparare ad essere concentrato in modo incrollabile, qualsiasi compito si stia affrontando.
Consapevolezza e Mente
Nel comprendere come funziona la nostra mente ai fini della concentrazione, dobbiamo fare una distinzione terminologica importante e distinguere la Consapevolezza, dalla Mente.
Per prima cosa immaginiamo la mente come uno spazio infinito, una enorme casa a più piani, suddivisa in infinite stanze separate tra loro. In queste stanze, così come in tutta la casa, c’è solo buio. Immaginiamo ora una sfera luminosa che ha la capacità di spostarsi dentro questa enorme casa, ad ogni stanza e ad ogni piano. Dove si sposta questa sfera luminosa rende visibile la stanza che visita e mostra cosa c’è all’interno della stanza. Questa sfera luminosa non è altro che la nostra consapevolezza.
È la consapevolezza (la sfera luminosa) che si sposta all’interno della mente (la casa infinita), e non la mente che si sposta da qualche parte. La mente è uno spazio infinito di informazione cui poter accedere con la consapevolezza. In questo si coglie la similarità con la descrizione che il “Transurfing” raccontato da Vadim Zeland fa, riguardo a “Lo Spazio delle Varianti”. Le due similitudini, la consapevolezza/mente e lo spazio delle varianti nel Transurfing sono molto affini ed entrambe molto interessanti per avere un approccio pratico su discorsi apparentemente astratti.
Tornando al nostro esempio, dobbiamo intendere la mente come uno spazio potenzialmente infinito di informazioni, nel quale in ogni stanza troviamo sentimenti, passioni, ricordi, pensieri, fantasie, desideri, tutto, ma davvero tutto quello che possiamo incontrare nella nostra vita.
La consapevolezza è quella sfera luminosa di pura energia che illumina ed elettrizza al suo passaggio. Noi siamo “pura consapevolezza” che si sposta all’interno della mente. Quindi dove noi spostiamo la nostra consapevolezza spostiamo la nostra energia e facciamo l’esperienza di ciò che si trova dentro quella stanza, in quell’angolo di mente.
Poniamo come esempio una stanza dove c’è il sentimento di rabbia. Se la mia consapevolezza si sposta ed entra nella stanza della rabbia, illumina la stanza e allora io vivo l’esperienza della rabbia. Attenzione a questo particolare, io “vivo” l’esperienza della rabbia, ma la rabbia non mi appartiene. Appena mi allontano dalla stanza, infatti, la mia esperienza finisce e non provo più rabbia. Io non sono e non posso essere rabbia. Ho vissuto l’esperienza di ciò che era nella stanza, ma non mi appartiene, non sono io.
Questo vale per ogni stanza ed ogni emozione, ricordo, passione, piacere, ogni cosa che posso trovare nella mia mente. In questo spazio infinito dell’informazione, potenzialmente, posso trovare tutto e vivere esperienza di qualsiasi cosa. Per molti autori e molta letteratura, il semplice vivere un ricordo (ad esempio), ci riporta dal punto di vista sia emotivo che chimico, nello stato in cui eravamo nel momento in cui l’evento è accaduto o stava avvenendo. A volte poi ci vuole anche un po’ a smaltire l’effetto emotivo del ricordo, proprio perché la chimica pompa in circolo le stesse sostanze che allora ci causarono quell’emozione particolare, immediatamente agganciata dal ricordo che ci proiettiamo nella testa. Questo la dice già lunga sulla potenza che ha la consapevolezza nello spostarsi all’interno dello spazio chiamato mente. Imparare a direzionarla è perciò essenziale.
Bisogna anche considerare altri aspetti che intervengono sul passaggio della consapevolezza. Quando la nostra consapevolezza si sposta all’interno della mente, nel compiere un determinato percorso, ad esempio, verso la stanza della rabbia, o della fame, o della paura, o della serenità, o dell’amore o del banale piacere di mangiare un gelato, nello spostamento la consapevolezza impara la via per raggiungere quella stanza e, più volte va nella stessa stanza, più ha facilità a ritrovare la strada. Si comporta esattamente come facciamo noi quando abbiamo imparato a percorrere sempre la stessa strada: a volte anche se ci converrebbe fare un giro diverso risparmiando tempo, partiamo in automatico per la strada nota senza farci domande. Questo è un classico esempio di quanto lasciamo buona parte del controllo della nostra consapevolezza al subconscio. Ma su questo aspetto ci torniamo a breve.
Inoltre, più tempo la consapevolezza sosta nella stanza, più illumina e più carica magneticamente con la propria energia la stanza stessa, rendendo attrattiva la stanza, come una calamita è attratta dal frigo. Noi abbiamo alcune aree primordiali nel nostro cervello (in questo caso inteso come organo), e di conseguenza la mente reagisce alla stessa maniera per determinati meccanismi. Se sentiamo un rumore forte ed improvviso mentre siamo tranquillamente seduti, saltiamo letteralmente dalla sedia, in quanto quel segnale improvviso è atavicamente un segnale di allarme che attiva la nostra attenzione, e la nostra consapevolezza è attratta subito magneticamente da quelle stanze cariche di quel tipo di energia, per tenerci in allerta.
Molte altre stanze invece, le carichiamo noi magneticamente con le continue visite che vi facciamo con la nostra consapevolezza. Dunque in questo caso è evidente l’importanza di comprendere come sia vero che “dove va la nostra consapevolezza, va la nostra energia”. L’energia rilasciata in quelle stanze attirerà sempre di più la nostra consapevolezza, e la familiarità ad andare in quella determinata stanza favorirà il percorso verso la stanza stessa. Iniziamo a capire così come si creano le famose abitudini. Buone o cattive che siano.
Adesso la vera domanda da farsi davanti allo specchio sarebbe quella per capire quando e quante volte al giorno siamo noi a guidare la nostra consapevolezza dove vogliamo e quanto invece il mondo esterno diriga la nostra consapevolezza in giro per la nostra mente. Comprendere che spesso siamo noi a concedere il comando della nostra consapevolezza ad altri, è un primo enorme passo di crescita e di presa di responsabilità.
Attenzione!!! Non ne sei immune. Vivi la vita da pupazzo molto più di quello che sei disposto a credere e forse ad accettare. Il primo assoluto step è quello di accettare il fatto di non essere al comando e prepararsi a riprendere (o in molti casi prendere per la prima volta) in mano il timone. È la tua consapevolezza ed è la tua vita; almeno prova tu a decidere chi può avere l’onore di dirigere la tua consapevolezza/energia da qualche parte e non lasciare fare al caso o agli eventi.
Dunque, se la nostra consapevolezza può essere sotto il nostro totale controllo, vuol dire allora che abbiamo davvero il potere di dirigerla dove vogliamo o almeno non portarla dove non vogliamo? Si e No. Assolutamente Si, in quanto chiunque può allenare continuamente se stesso a prendere il controllo della propria consapevolezza, ma per fare questo si ha assoluta necessità di imparare a stare concentrati. Appena ci si distrae un momento, il nostro subconscio riprende il controllo della nostra sfera di energia e l’accompagna mano nella mano per le strade battute e note, e nelle stanze magnetiche per ulteriori scambi di energie. La consapevolezza è energia, e l’energia non discrimina assolutamente ciò che per te può essere un bene o un male, e se la sosta in una stanza della mente è positiva o negativa, semplicemente la consapevolezza da qualche parte deve vagare e sostare, e così fa, senza permesso.
Si afferma che passiamo circa 80% della giornata col subconscio al posto di comando. Il subconscio in sé non è problematico, anzi ci permette di vivere una vita meno stressante e più funzionale. Ogni cosa che impariamo con la pratica e la ripetizione ad esempio, si deposita poi nel subconscio che la elabora e la rende parte integrante del nostro sistema operativo, il quale ci permette di fare mille cose senza quasi dargli attenzione. Tantissimi di noi hanno imparato ad andare in bicicletta da bambini, e il subconscio ci aiuta ogni volta che montiamo su una bicicletta a non cadere come dei sacchi pieni a terra, ma a recuperare subito l’equilibrio e a ripristinare ciò che si era imparato magari 30 anni prima, ricontestualizzando il tutto alla situazione attuale.
Il subconscio è davvero potentissimo. Il suo programma di default è impressionante. Il problema è che nel subconscio c’è tutto. Quando si tirano fuori i file “informatici” del nostro sistema operativo di come guidare la macchina, andare in bicicletta, nuotare etc., questo programma davvero ci aiuta, ma quando con la stessa capacità recupera file di emozioni spiacevoli sedimentate nel profondo o problemi emotivi irrisolti, il gioco inizia ad essere complesso.
Se è vero dunque che per l’80% il nostro “pilota automatico” ci fa vivere sotto il suo controllo, i feedback non sono sempre piacevoli. Lo stato di dormiente è proprio quello stato di abbandono della consapevolezza al subconscio o ad altri. Non puoi essere vivo, non puoi essere felice o realizzato. Sopravvivi con quello stato di incompiutezza perpetua che ti sfugge guardando il film della tua vita che non ti appartiene, in una realtà dove non ti riconosci.
Il subconscio non sa cosa va bene per te e continua a girare e proiettare questa realtà virtuale non tua, e più vai avanti più credi che sia così. Concentrazione focalizzata per pochi task specifici di routine quotidiana, abitudini consolidate e nulla più da chiedere al proprio sé interiore, con un mondo che gira indifferente a quello che siamo realmente e che potremmo essere. Da questa trappola bisogna fuggire!
Riprendere il controllo della propria consapevolezza all’interno della propria mente, significa assumersi totalmente la responsabilità della propria esistenza su questa terra. Come andrà è un’altra storia, non è scritto da nessuna parte che si debba essere vincenti, ma nulla può accadere senza la ferma volontà di recuperare i comandi. Questo dovrebbe essere l’obiettivo primario per ognuno e forse in assoluto il primo obiettivo della propria vita. Il resto sarà semplice conseguenza.
La Concentrazione va allenata
Dunque la concentrazione va costantemente allenata. Come? Con la pratica e la ripetizione, esattamente come apprendiamo tutte le altre cose. Si diventa prima capaci, poi bravi, poi eccellenti e infine dei fuoriclasse in qualcosa, praticando e allenandosi in questo qualcosa. Ti risuona? Il concetto è semplice. La differenza sta tutta tra, il saperlo ed esserne coscienti, ed il metterlo in pratica per un consistente periodo di tempo. Anche questo ti risuona vero?
Gli allenamenti in palestra, la corretta alimentazione, lo svegliarsi presto per meditare (magari), quante cose sappiamo essere ottime per noi ma le portiamo avanti a singhiozzo, senza costanza, con stop and go ripetuti, o magari ci fermiamo e non le riprendiamo più? Ecco il segreto. La costanza consapevole della pratica, e nel nostro caso, della concentrazione.
Una domanda che alle sue conferenze il prete induista Dandapani (uno dei principali maestri della “Meditazione Saivite” e dell’arte della concentrazione) fa spesso al suo pubblico è: “A quanti di voi è stato insegnato come concentrarsi?” Di solito in sala nessuno alza la mano. Pare infatti che la concentrazione sia un qualcosa che dobbiamo possedere in modo innato, visto che, soprattutto da bambini, tutti ci richiedevano di concentrarci, ma nessuno, o quasi, si è mai preso la briga di insegnarci come si fa davvero ad essere concentrati. Un bel paradosso vero? Io personalmente sono convinto che in tanti hanno la percezione di non saper concentrarsi, ma in realtà non hanno mai avuto la possibilità di capire prima, e di imparare poi, come ci si concentri davvero.
Tornando al nostro esempio della sfera luminosa, che è la nostra consapevolezza, e della mente, che è questo spazio infinito suddiviso in stanze, potremmo stabilire che la concentrazione è la capacità di mantenere la consapevolezza all’interno di una determinata stanza per un certo periodo di tempo. Mentre la consapevolezza sosta all’interno della stanza scelta, illuminando e magnetizzando la stanza di energia, noi facciamo l’esperienza in maniera conscia della stanza dove siamo. Imparare a fare un qualcosa, non è altro che andare per la prima volta in una stanza dove non siamo mai stati prima, illuminare ogni angolo di questa stanza, vivere fino in fondo l’esperienza che è possibile fare al suo interno e sapere tornare in quella stanza tutte le volte che se ne ha necessità per rivivere l’esperienza.
Più volte torno in quella stanza dove sto scoprendo o rivedendo come cambiare la ruota alla mia macchina (per esempio) e metto in pratica quell’esperienza, più sarà per me facile recuperare la via della stanza in questione e lo sarà anche per il mio subconscio qualora prendesse il controllo. Creo cioè una abitudine a reperire e mettere in pratica tali informazioni.
Ma prendiamo la stessa struttura e spostiamola non su delle attività, ma sulle emozioni, magari non del tutto edificanti per noi. Se per un qualsiasi motivo, ad un certo punto nella nostra vita iniziamo a magnetizzare la stanza della rabbia o della sfiducia in noi stessi, e a raggiungere queste stanze continuamente, il nostro subconscio apprenderà che quel percorso è privilegiato e che quelle stanze piene di energia magnetica sono attrattive.
Ecco che quando gli eventi si manifestano di fronte a noi, il nostro subconscio in automatico direziona la nostra consapevolezza verso la stanza della rabbia o della sfiducia in sé stessi. Ci vorrà dunque un enorme sforzo di forza di volontà e capacità di concentrazione per recuperare la consapevolezza e direzionarla altrove. Parlare della forza di volontà è completamente un altro topic, ma è importante sapere che comunque essa lavora insieme alla pratica della concentrazione.
Per iniziare ad allenare la nostra capacità di concentrazione, basta invece iniziare a restare con l’attenzione su un singolo compito per volta. Il primo passaggio che permette di innestare tutto è far scattare l’attenzione. In maniera continua e ripetuta durante la giornata dobbiamo tornare sull’attenzione. Ricordiamoci di ricordare di avere attenzione finché non diventa un processo mentale istintivo e automatico.
Quindi, ci si ferma, ci si osserva nel contesto come se fossimo esterni a noi stessi, e poi si focalizza l’oggetto dell’attenzione. Se devo lavare i piatti mi fermo, dirigo l’attenzione sul fatto che devo lavare i piatti guardandoli, guardo la spugna, visualizzando il detersivo che devo utilizzare e programmo l’inizio di quel compito che partirà a brevissimo. Sto dando attenzione. Mentre lavo i piatti provo a tenere la consapevolezza solo su quel compito, non voglio divagare con altri pensieri come spesso sono abituato a fare, ma rimango in tutto e per tutto presente in quello che sto facendo.
Non è infatti l’utilità in sé che sto cercando (ovvero il risultato di lavare bene le stoviglie), ma così facendo sto allenando la mia capacità di concentrazione. Cerco di restare presente e vigile il più possibile per tutta la durata dell’operazione, fin quando il compito non si esaurisce. Sto imparando a tenere la consapevolezza ferma dove voglio e ad essere il padrone della mia consapevolezza.
Un altro esempio per allenarci ad essere concentrati? Quando parlo con qualcuno cerco di dargli la mia massima attenzione in modo assoluto. Lo guardo negli occhi gli/le dedico tutta l’attenzione del caso, gli/le mostro che sono presente e che ci sono con il corpo (se siamo di persona) ma soprattutto con la mente. Ascolto e cerco di non interrompere. Sono completamente presente. I benefici di questo metodo di essere presenti davanti alla persona con la quale stai parlando, sono molteplici. Il principio è assolutamente lo stesso sia per colloqui formali che informali.
Non solo alleno la mia capacità di concentrazione, ma creo un collegamento energetico di qualità con l’interlocutore, il quale istintivamente si sentirà grato e fiducioso della tua presenza la quale non è assolutamente scontata (quando parlate con qualcuno vi ascolta sempre?). Inoltre è solo con questo approccio che si può poi spostare la conversazione su un piano non verbale e percepire con più particolari l’altra persona. Se ne possono comprendere meglio le intenzioni, gli stati d’animo, i fini reali rispetto al discorso che sta affrontando, insomma si ottengono informazioni.
Se tu poni l’attenzione completa su un’altra persona, l’altra persona lo percepisce. Un ulteriore suggerimento è di farlo davvero con intenzione di ascoltare, che si sia d’accordo o meno sull’argomento non è importante. Il forte legame energetico che si crea infatti potrebbe inviare dissonanze all’interlocutore se lo ascolto con finto interesse e con il fine ultimo solo di “vendere” qualcosa. Quindi, in questo ultimo caso sicuramente farai esercizi di concentrazione, ma il risultato della conversazione rischia di non essere buono o soddisfacente perché si vibra in modo diverso e distonico.
Quindi se vuoi allenarti ad essere concentrato quando hai una conversazione con qualcuno, non distrarti col cellulare per guardare notifiche o messaggi mentre sei davanti a lui o lei, ma poniti completamente presente e dirigi la tua attenzione e focalizzazione sulla persona e sull’oggetto della conversazione. Se nelle riunioni di lavoro, ad esempio, anche solo metà dello staff avesse un atteggiamento simile, le riunioni durerebbero un tempo considerevolmente più breve e sarebbero assolutamente più proficue. E come si può notare, questi vantaggi sono soltanto il frutto di un approccio metodologico di come si pone l’attenzione. Non c’è assolutamente nessun talento particolare o capacità da coltivare di lungo corso.
Puoi forse adesso intuire cosa puoi provare ad ottenere da te stesso e dagli altri con una concentrazione allenata. Serve del tempo e un po’ di fatica. Ma i benefici saranno imparagonabili rispetto alla fatica.
La capacità di concentrazione non ha status quo, o si allena e cresce, oppure progressivamente diminuisce. Essendo molti di noi campioni olimpici della distrazione, quando partiamo con la pratica attiva della concentrazione, dobbiamo mettere in conto che inizialmente impiegheremo del tempo per ottenere i primi risultati, ma è inevitabile che arrivino. Allenare la concentrazione è una pratica che non deve più abbandonarci. Con un costante allenamento che diventa uno stile di vita, potrai concentrarti sulle cose che ti servono o alle quali vuoi dedicare energie nel migliore dei modi, sulle fasi meditative e sui tuoi obiettivi.
Articolo di Fabio Bucca
Fonte: fisicaquantistica.it
Fabio Bucca
Pratico la Meditazione Saivite da qualche tempo ormai. Una pratica utile a comprendere gli strumenti fondamentali per bilanciare la propria vita sfruttando la focalizzazione e concentrazione, una incrollabile forza di volontà ed un utilizzo saggio della propria energia.
Negli incontri che organizzo, ci si immerge in una pratica che può davvero mostrarti il mondo in altra forma. Entrare a conoscere senza sosta sé stessi, aumentare la propria consapevolezza e accrescere la capacità di osservazione, è un regalo che ognuno ha il dovere di fare alla propria anima. Solo vibrando alla giusta frequenza si può cercare di raggiungere la massima autorealizzazione.
Fabio Bucca, fabiobucca1981@gmail.com
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